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ANNO ISIS - LETTERE 98-100 99. Allo stesso, ivi.1 Recanati 13 Febbraio 1818. Perché avete lasciato di scrivermi, o carissimo? V’ha forse dispiaciuto qualche cosa nell’ultima mia? Se cosi è, già sapete di certo ch’ella dispiace molto meno a voi che a me; ma io non so che cosa possa essere stata: questo so, che né voi senza ragione adirarvi, né io se non contro il volere e l’opinione mia v’ho potuto offendere. Ma non perdonerete voi un primo fallo o anche un terzo o un quarto ad un amico? e ad un amico come son io? e un fallo poi senza dubbio involontario, poiché né pure congetturando posso conoscere né come né se io abbia fallato. Ma se anche volete 2 punirmi, punitemi altrimenti che col silenzio, e non vogliate usare con me l’estremo del rigore. M’abbandonerete anche voi cosi solo e abbandonato come sono? e quando ho bisogno di conforto per sostenere questa infelice vita, voi, seguitando a tacere, seguiterete a sconfortarmi infinitamente come fate? 0 vi sono improvvisamente uscito dalla memoria, ed è possibile che vi siate scordato affatto di uno,3 il quale sapete che se morendo potrà ricordarsi, morendo si ricorderà 1 di voi? O c’è forse qualche altra ragione del vostro silenzio? Per amor di Dio, scrivetemelo, e subito: e qualunque cosa e comunque sia, scrivetemi e fatelo come vi piace, che purché mi scriviate, sarò contento. 100. Di Pietro Giordani. Milano 21 Febraio [1818], Mio carissimo Giacomino. Per pietà non mi scrivete mai più lettere come quest’ultima dei 13,6 alla quale subito rispondo. Non potete imaginare quanto di confusione e dolore provo per avere (involontariamente) rattristato un angolo come voi, che io adoro. Ma inchiodatevi bene bene in testa, che è affatto impossibile che io mi dimentichi di voi; se non muoio, o non divento matto, o in qualunque altro modo non mi dimentico pruna di me stesso. Un altro impossibilissimo è che da voi esca mai niente che mi dispiaccia. Se voi anche mi bastonaste, io (ccme i veri innamorati) lo avrei caro da voi. Figuratevi poi, essendo voi d’una bontà e dolcezza sovrumana. Dovrei essere una gran bestia, se mai mi disgustassi eon voi. Mio caro: io ho gran disprezzo, e molto abborrimento della razza umana in generale; perché la conosco. Ma crcdiatemi che i pochissimi buoni li so conoscere, e so adorarli come cose divine. — Ma dunque 1 Dalla copia di Paolina, corretta da G., in casa Leopardi. 2 Nella copia era «vogliate». 3 Nella copia era «di me». 4 Nella copia era: a potrò ricordarmi, morendo mi ricorderò». 5 È la precedente.