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XX INTRODUZIONE gnate in ordine di tempo, anche quelle di quasi tutti i suoi corrispondenti; oltre a documenti varii e brani di lettere di altri ad altri, con riferimenti al Leopardi, che saranno allogati nelle note. V. Ma affinché si le une e ei le altre lettere riescano veramente proficue ad ogni ordine di lettori, hanno pure bisogno di essere opportunamente illustrate da un commento che, conservandosi sempre il più possibile spassionato e oggettivo, valga ad eliminare ogni difficoltà ed oscurità, a dare ad ogni persona, fatto o circostanza il debito rilievo, ad aiutare il lettore con richiami, confronti, avvicinamenti, a mettere in luce i rapporti e gl’influssi che i suoi corrispondenti, ed altri di cui si parla nelle lettere, poterono avere col nostro Autore, le occasioni e circostanze in cui quei rapporti ed influssi si determinarono. E questo appunto io mi sono studiato di fare nelle annotazioni che, anch’esse per la prima volta, corredano l’Epistolario leopardiano.1 In esse mi son proposto la maggiore sobrietà che mi era possibile, dato lo scopo accennato; ma riconosco che forse non sempre l’avrò messa in pratica, specie nelle lettere del primo volume,2 nelle quali la necessità di lumeggiare e colorire l’ambiente leopardiano a quelli dei lettori che non ci avessero troppa dimestichezza, può avermi vinta la mano. Ma tra l’eccesso e il difetto, ho creduto men grave pecca cadere nel primo che nel secondo. E di fatti, come non ho dissimulato, cosi non ho saltato, con la disinvoltura di alcuni annotatori, nessuna difficoltà od oscurità, né ho rispar1 Lo pochissime noto apposto a qualche lettera prima dal Viani e poi dal Piergili, sono cosi sporadiche ed esigue, che invece di soddisfare il lettore sembrano messe a posta per fargli desiderare un più ampio commonto. In ogni modo, quelle di osso note ch’io ho conservate portano le sigle dei rispettivi autori. - In quelle primo lettore, e segnatamente in quello al Giordani rimaste in copie o in minute autografe, tutte corrette qua e là da Giacomo, ho creduto bene rilevare alcuno di quelle correzioni, che me ne son sembrato degne o per felici mutamenti formali o per altri riguardi; e, trattandosi di correzioni d’uno squisito scrittore come il Leopardi, confido di non aver fatto cosa mutilo né superflua.