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EPISTOLARIO <Iel mondo voluto inchinarmi a un giornalista. Fatevi pur corto che le lettere ch’io gli ho scritte pochissime e brevissime, si potevano scrivere senza scrupolo a chicchessia. È un pezzo, o mio caro, ch’io mi reputo immeritevole di commettere azioni basse, ma in questi ultimi giorni ho cominciato a riputarmi più che mai tale, avendo provato eotal vicenda d’animo,1 per cui m’è parso d’accorgermi ch’io sia qual cosa meglio che non credeva, e ogni ora mi par mille, o carissimo, ch’io v’abbracci strettissimamente, e versi nel vostro cuore il mio cuore, del quale oramai ardisco pur dire che poche cose son degne. Del resto l’Acerbi Io raccomandava già al diavolo concepii# verbis nella seconda lettera che gli scrissi sulla mia dissertazione, si che quanto è a lui, sono già al sicuro. Vi ringrazio assai della ricuperazione del manoscritto.* Se mi vorrete dire quello ch’è parato a voi e al Mai delle giunterelle che ci ho fatte, n’avrò piacere. Già vedete 3 che sono inezie. Ho deliberato già da parecchi mesi di scrivervi un’altra lettera forse pili lunga, sopra un’altra delle scoperte del Mai.4 Fino ad ora, o per non potere o per non volere, non ne ho fatto nulla, ma quest’altro mese mi ci voglio mettere a ogni patto, e spero che ve la potrò mandare prima che partiate di Milano. Non ci vorrebbe molto a fare stampare queste (lue lettere da sé, senza impacciarsi con Biblioteche né Spettatori. Ma che varrebbe? A spese mie (dovea dir di mio padre) sarebbe facile ma inutilissimo, perché per farle leggere a due o tre non accade faile stampare. E quanto al darle a un libraio, né credo che si troverebbe chi le volesse, né, posto che si potesse trovare, lo saprei O potrei trovar io. Ma queste cose perché le scrivo? Eh via che né la nostra virtù, né la dilicatezza del cuor nostro, né la sublimità della mente nostra, né la nostra grandezza non dipendono da queste miserie; né io sarò meno virtuoso né meno magnanimo (dove ora sia tale) perché un asino di libraio non mi voglia stampare un libro, o una schiuma di giornalista parlarne. Oramai comincio, o mio caro, anch’io a disprezzare la gloria, comincio a intendere insieme con voi che cosa sia contentarsi di se medesimo e mettersi colla mente più in su della fama e della gloria e degli uomini e di tutto il mondo. Ha sentito qualche cosa questo mio cuore, per la quale mi par pure • L’episodio del suo amore con la Cassi. Cfr. lett. 94, p. 14S. nota 2; In fino del canto II primo amore, e il Diario d’amore che lo commenta o illustra, in Scrini vari ined. citati, specialmente il brano a p. 17.">. 2 Della Dianertazìone dionisiana. 3 Xelln copia era scritto • Vedete Itene». 4 15 la lettera che poi diresse al Giordani sul Frontone. Quantunque nel periodo seguente dica di non avorno ancora fatto nulln, è da credere che ci si fosso già messo o ne avesse in mento il contenuto; come può dedursi dallo parole ilei 2° paragrafo, ove dico eho gli premeva di «arrivare a finirla».