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ANNI 1S1T-1818 - LETTEKE»8-98 lete ohe la stampi lo Spettatore, fatene due righe allo Stella, e acchiudetele a me, che gliele darò col manoscritto. Non è fanciullesca domanda delle mie letture: bensì riderete al sentir tale farraggine. Ho letto il Giove Olìmpico di Qua tremóre e la Iconografìa greca del Visconti; e con sommo piacere. Ora mi annoio cogli scrittori d’Alessandro Magno del Sainte-Croix. Ma diletterommi leggendo il Museo Capitolino, e il Vaticano, e i Vasi Amiltoniani di Dancheville, e i Monumenti d’Egitto-, poi lo lettere di Bailly saìl’Atlantica, l’Anarchia di Polonia di Rulchiere, la Guerra dei trent’anni di Schiller, il Teatro di Shakespeare. Oh vedete che folla: ma nella testa poi ogni cosa va al suo posto. Non imitatemi però: perché io penso solo ad ingannare il tempo e la malinconia; voi dovete nutrirvi a grandi e splendidi lavori. Addio carissimo Giacomino: avvisatomi dell’arrivo di Senofonte: riveritemi il papà, e vogliatemi bene. Io vi abbraccio di cuore, e vi raccomando la salute. 98T’A Pietro Giordani. - Milano.1 Recanati 10 Gennaio 1818. Mio carissimo. Debbo risposta alle due vostre dei 31 Decembie e dei 7 di questo.2 Oh non crediate ch’io mi sia voluto impantanare in quel pelagaccio dei Critici del Tasso. Fate conto che ogni mezzo tomo non m’abbia rubato più di una o due sere, e che io non ci abbia cercato altro che lingua e poi lingua. Mi vergogno assai d’aver giudicato cosi alla sfuggita i discorsi del Beni una delle peggiori cose di quel criticume. Vedete con che giudizio leggeva, o meglio, quanto è il giudizio mio. Tra la Biblioteca c lo Spettatore che m’è parso sempre un mucchio di letame,3 io avea creduto meglio quella, se non altro perché lo Spettatore ha paura di patire il freddo dell’Alpi: e della Biblioteca qualche copia ne scappa pure come Dio vuole fuori d’Italia. M’immaginava poi che chi avesse letta la mia dissertazioncella, per giudicarne, non avrebbe mica fatto il processo della vita dell’Acerbi.4 Questo Signore io lo tenea per un di quei galantuomini in chermisi, anche prima della vostra lettera, se ben era un giudizio temerario. Ma per Dio non crediate eli’ io abbia usata con costui una parola di cui mi possa vergognare. Io che sdegno di domandar baiocchi a mio padre, pensate se avrei per cosa 1 Dalla copia di Paolina, corretta da G., in casa Leopardi. 2 Sono le lettore che precedono, 90 e 97. 3 Veramente non si può credere che G. avesse fatto «sempre» dello Spettatore questo vituperoso giudizio. A buon conto, fu quel giornale che accolse i primi scritti del Nostro, e che cominciò a spanderne il nome. E in questa stossa lettera G. consonte col Giordani di fare stampare in esso la sua Dissertazione.

  • Qualcuno potrabbe qui vedere una frecciata indiretta al Giordani, che

aveva cosi obbrobriosamente dipinto a G. l’Acerbi; a ogni modo, sono notevoli le fiere dichiarazioni elio seguono, per respingere «l’uifnngamento •• rimproveratogli nella lett. 96, paragrafo 3°.