una stessa città, e godermi una compagnia cosi cara, così ami-
chevole, così stimabile: ma il destino m’impedisce anche que-
sto. Sono venuto qua per fuggire il freddo, ma tremo dalla mat-
tina alla sera: nondimeno son certo che sentirei molto più freddo
a Bologna, e che non vi potrei resistere, essendo obbligato ad
astenermi dal fuoco. Del resto abbiamo ancor qui le nostre tra-
montane, le nostre nevi, i nostri ghiacci: oggi tuona, e per me
fo conto che sia un carnevale, perchè l’aria è calda, e tremo meno
del solito. Che fa il Professore? che fa l’Emilietto? i miei rispetti
e saluti singolarissimi e cordialissimi all’uno; un bacio per me
all’altro. E i suoi Pensieri sulla Educazione che fanno? quando
avrò il piacere di rileggerli? Ella mi voglia bene, mi comandi,
mi saluti l’Orioli se lo vede, mi ricordi agli amici, ma soprat-
tutto a se stessa, e mi creda sempre
tutto suo Giacomo Leopardi |
1184. |
A Gian Pietro Vieusseux. |
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Mio caro Amico. Debbo risposta a due amorose vostre, delle
quali vi ringrazio cordialmente. Della morte del buon Valeri mi
sono molto doluto, anche per causa vostra. Scriverò al Pucci-
notti, e gli farò conoscere, come desiderate, le ragioni che avete
di non accettar quegli articoli. Dell’affare di S. Silvestro io sono
poco bene informato, come di ogni altra novità, perchè non esco
punto di casa se non per passeggiare, e in casa non veggo nes-
suno. Già saprete della Badessa taumaturga, che moltiplicava
prodigiosamente l’olio di una lampada, con rifondervene di
nascosto ogni notte: saprete delle lusinghe, delle minacce, degl’in-
ganni, dei mali trattamenti che si usavano alle giovani educande
per indurle a far voto di verginità prima che conoscessero il signi-
ficato della parola, e poi a farsi monache in quel monastero: