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che egli si compiace di mostrare verso di me, e prego Lei a volerlo fare in nome mio con quelle espressioni più significanti che le saranno somministrate dalla sua facondia. Per ubbidirla e per soddisfare al Sig.'e Ministro, le dirò che gli opuscoli morali da me tradotti un mese addietro, son le tre Parenesi, ossia Ragionamenti morali d’Isocrate, l’uno a Demo- nico, l’altro a Nicocle, il terzo intitolato il Nicocle. Mia inten- zione era di tradurre in seguito il Gerone di Senofonte; il Gor- gia di Platone, che mi pare uno dei Dialoghi più belli di questo scrittore, e più pieni di eloquenza morale; l’Orazione Areopa- gitica dello stesso Isocrate; i Caratteri di Teofrasto; e forse qual- cuno de’ Dialoghi d’Eschine Socratico.1 Tutte le quali operette non hanno ancora traduzioni italiane, se non antiche pessime di lingua e di stile, e peggiori ancora per i controsensi continui e la mala intelligenza dell’originale. Finalmente io voleva dare, o insieme con questi opuscoli, o in un tomo a parte, i Pensieri di Platone, che io avrei raccolti e scelti e tradotti, opera simile a quella dei Pensieri di Cicerone dell’Olivet,2 ma che avrebbe dovuto essere un poco più ampia, e contenere tutto il bello e l’eloquente di Platone, sceverato da quella sua eterna dialettica, che ai tempi nostri è insoffribile e da’ suoi sogni fisici, che riu- scirebbero parimenti noiosi ai più dei lettori moderni, massi- mamente per la loro oscurità. Ma tutti questi lavori, dei quali io mi voleva servire per mio passatempo di questo inverno, restano e resteranno nel mio solo pensiero, perchè la mia salute è ridotta in grado tale, ch’io non posso fissar la mente in una menoma applicazione, neppure per un’istante [sic], senza che Io stomaco vada sossopra immediata- mente, come mi accade appunto adesso, per la sola applicazio- ne di scrivere questa lettera. E quanto al futuro, non ardisco più formare alcun progetto, vedendomi veramente divenuto àfievrjvòv xàpr]vov,3 e conoscendo di certo che colla vita seden- taria e solitaria che per assoluta necessità io meno in Recanati, dove la sorte mi ha senza dubbio confinato per sempre, io non posso altro che passare da Cronicismo a Cronicismo, come ho fatto per tutta la mia vita finora. Fuor di questo, io vivrei con-