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dosi facilmente scuoprire la verità. Io direi che tù dicessi esser stata copiata questa traduzione, ne’ tempi di cangiamento di governo, ne’ quali un letterato ebbe campo di visitare, e svolgere li Manoscritti della Biblioteca, ed Archivio Farfense. Così tutto è salvo, e se ora non tro- vasi quel Codice, avendo sofferto tante mutazioni, e vicende quell’A - badia, può ben essere, che siasi smarrito. Mi ricordo infatti, che il famoso Chronicon Farfense fù tolto, portato a Parigi, e quindi deposi- tato alla Vaticana, ove credo che esista tuttora. Basta io non deggio insegnarti il modo di accomodare questa faccenda. Circa il Teofrasto lascia che la cosa vada; quando sarà venuta l’edi- zione da me richiesta, se avrai ancora la stessa volontà porrai mano al lavoro, che de Romanis stamperà con piacere, altrimenti ne depor- remo il pensiero. In proposito di de Romanis, ti mando un esemplare di una sua seconda epistola ad Macrinum, che tutti hanno trovata bel- lissima. Dimmi il tuo parere. Sere sono viddi Missirini dal Card. Zurla, e mi disse aver ricevuta la tua lettera, ed esserne contentissimo. Non sò poi perchè ancora non ti abbia risposto. Con la mia ingenuità però ti dico, che io credo Mis- sirini un letterato dubiae fidei. Lessi Giovedì nell’Accademia un breve ragionamento, intorno ad alcuni ornati d’oro, vale a dire armille, collane, pendenti, medaglion- cini, ed altro, trovati l’anno scorso. L’argomento però era di già tanto trattato, che poco potei dire, e debolissime cose dissi. Ora sto lavo- rando alcune note, a 10. lettere inedite di Sebastiano Erizzo sopra materie numismatiche, che mi sono venute dalla biblioteca di Vicenza. Le stamperò nel quarto fascicolo delle Memorie. Tù intanto siccome sei cortese, fammi la cortesia di dirmi cosa tù pensi, e qual giudizio porti sullo stile dcll’Erizzo, le di cui giornate (se non sbaglio) hanno posto fra li Classici Italiani di Milano.2 Attendo su di ciò un tuo riscontro. Dalla lunga lettera che io ti ho scritto conoscerai che la mia salute è perfettamente ristabilita, resta ancora un poco di debolezza. L’animo però non è mai tranquillo troppe essendo le amarezze, che deggio di frequente trangugiare. Non credo doverti affliggere, con il ricordarti li miei guai, pur troppo tù stesso hai bisogno di consola- zione. Addio Caro Giacomo, ti abbraccio, e ti invio tanti bagi. Saluta Carlo, e ringrazialo della premura che si prende per me. Dagli le mie nuove. Addio addio. Il Tuo Cugino, ed A. Affmo G. Melchiorri