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si è potuta inserire la mia prima lettera, per averla mandata un poco tardi. Mi è frà le altre cose piaciuta estremamente una lettera di Gior- dani indiritta al Mse Gino Capponi.1 E questa lettera destinata a ser- vire quasi di programma ad una Scelta di Prosatori Italiani, che vuole intraprendersi a stampare in Firenze da Vieusseux. Fà conoscere Gior- dani in quella epistola il desiderio, che ha sempre nutrito di scrivere un opera [sic] della quale aveva già in mente formato l’abbozzo intito- lata il Perfetto Scrittore Italiano. In quest’opera egli voleva prendere a dimostrare quali condizioni di nascita, di fortuna, di luogo, di edu- cazione; quali precetti, e quali studi si occorressero al perfetto scrit- tore italiano. Dopo aver fatto conoscere, ch’egli per tanti motivi, che ti taccio per brevità, non può, e non ha potuto da prima porre in ese- cuzione questo suo progetto, così si esprime: Quello pertanto che io ho invano benché fervidamente desiderato, sarà fatto da voi caro Gino, se di farlo vi piacerà: o forse dal Conte Giacomo Leopardi; se a quell’in- gegno immenso e stupendo, se a quegli studi fortissimi, se a quella gio- ventù promeititrice credibile di cose straordinarie, la fortuna (che già troppo gli è invidiosa) permetterà una vita, non chiedo felice e lieta, ma almeno tolerabile. Non so se questo giustissimo elogio Caro Giacomo, ti debba rallegrare, o piuttosto contristare. Poiché se bella, e piacevole è la lode, allorché poi sorte da una penna non venduta ad alcuna passione, come quella del Giordani, come non hai tu stesso a sentire quel dolore, che io sentii allorché [sic] lessi que’ versi del tuo amico, poiché pensai allora quanto tu perdi, e quanto noi perdiamo, nell’averti lontano, e quasi sepolto agl’occhi de’ viventi, privo ancora de’ conforti dell’amicizia, in terra de’ barbari. Tù che conosci il mio cuore puoi credere, che non cesso di far voti perchè il cielo ti desse almeno una men cattiva esi- stenza. Que’ pochi letterati Romani, che ti conoscono tutto dì mi vanno ripetendo de’ rimproveri perchè, non venga il tuo ingegno felice, a germogliare in terra migliore. De Mattheis, Cancellieri, Cardinali, ed altri mi dicono sempre lo stesso, e questa stessa inchiesta, mi affligge di più, non vedendo ancora tanto di luce, da far nascere un raggio ancor picciolo di speranza. Eccomi a risponderti intorno alli quesiti Farfensi. L’Abbadia di Farfa è abitata al presente da Monaci. - Evvi ancora un archivio, e Biblioteca celebre per molte carte relative massimamente a’ tempi bassi. - Sonovi ancora de’ Codici, ma non molto pregevoli per anti- chità di lingua. Tutto ciò però a mio credere poco importa, giacché sono di parere che tù non debba dire di averla avuta adesso, poten-