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672. Di Carlo Antici.
Roma 26 Feb.° 1825.

Caro Nepote Il Ministro di Olanda mi consegnò jeri sera il fascicolo dell’Anto- logia del corr. trimestre N. 49, pregandomi di trascrivervi quanto il S. Pietro Giordani dice di voi nella sua lett.a al M.se Gino Capponi sul progetto dello stesso Giordani di pubblicare nel corso di sei anni in 25 voi.' una «Scelta di Prosatori Italiani».1 Dopo avere quel valente scrittore compianta la propria trascurata educazione, ed eccitati i nobili ad applicarsi seriam.0 nello scrivere opere, che portino utile, e gloria all’Italia si esprime in questi termini «Quello pertanto, che io ho invano benché fervidam.c desiderato, sarà fatto da voi caro Gino, se di farlo vi piacerà: o forse dal Conte Giacomo Leopardi; se a quell’ingegno immenso, e stupendo, se a quegli studi fortissimi, se a quella gioventù promettitrice credibile di cose straordinarie, la fortuna (che già troppo gli è invidiosa) permetterà una vita, non chiedo felice e lieta, ma almeno tollerabile». Il Ministro d’Olanda è persuaso, al pari di me, che nel communi- carvi le lodi somme di un vostro amico, non vi faremo il danno d’ine- briarvi ma vi daremo nuovi impulsi per giustificarle. Voi conoscete le infermità del tempo, che derivano in gran parte dall’incredulità domi- nante; sicché appigliatevi alla cura di questa, ed avrete assicurate immarcescibili palme. E poi ansioso il Ministro di sapere quali sono gli opuscoli morali, che traducete dal greco, come già mi scriveste, giac- ché spera ancor’Egli che questo sia un bel principio dei vostri mag- giori, ed utili lavori per l’umanità. Quel paragrafo che vi scrissi coll’ultima mia in lingua tedesca fu (come troppo tardi mi accorsi) una svista della mia mente oppressa da mille piccole brighe, confondendola coll’inglese a cui ora applicate. Non può dunque aver luogo il mio voto per la traduzione dell’Ifigenia in Tauride, capo d’opera di Goethe. Ma riflettendo meglio, veggo che non sarebbe impresa di alcuna importanza, e gli uomini nessun bene ne riceverebbero. Voi dovete impiegare la vostra assoluta libertà da ogni cura pubblica, e privata, i vostri bei talenti, il dono così poco commune di maneggiare maestrevolm.0 la nostra lingua a riavvivare in Italia l’unica cosa che manca a tanta civilizzazione, io dico la morale