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bina questa mia idea, giacché l’articolo di Giordani vuole nella mag- gior parte provare, questa somma utilità di veder ripetuti li capo-lavori degl’artisti. Oltreché poi non sò come si possa dir utile una copia in terra fragilissima, mentre alle volte appena sono durevoli le tele, e le pareti stesse. In questo corso di posta non posso appagare le tue brame sopra le notizie intorno la Biblioteca Farfense, non avendo veduto alcuno che ne’ fosse informato. Spero però di contentarti nel corso di posta venturo. Tu intanto non dubitar punto del più rigoroso silenzio. Ti dirò poi che sono di parere, che la tua finzione avrà corta durata men- tre sapendoti tutti bravo falsario greco, non farà meraviglia di supporti ancora falsario italiano. Basta sù ciò poco importa, poiché alla fine trat- tandosi d’uno scherzo, questo durerà quanto potrà, e per se è sempre molto di aver burlata anche per poco la dottrina de’ letterati. Io ne godo, perchè così potrò ridermi assai degl’Arcadici, che in queste mate- rie si reputano dottissimi, ed io credo che non veggiano una spanna più in là del loro naso. Addio Caro Giacomo. Salutami Carlo, e tutti di tua Casa. Non ti stancare di amarmi, e dammene prova, ponendomi al caso di esserti utile. Addio, addio. Il Tuo Affmo A. e Cugino G. Melchiorri

669. A Giuseppe Melchiorri.
Recanati, 2 febbraio 1825.

Caro Cugino, Ti rendo grazie dell’articolo dell’Antologia, il quale io credeva più breve, altrimenti sarei stato meno facile a darti l’incomodo di copiarlo. Le espressioni della tua penultima, piene di cordialità e di amore, accrescerebbero, se fosse possibile, il sentimento di af- fetto che ho per te. Credimi, caro cugino, che io sento il prezzo della vostra amicizia e del vostro cuore, e che io corrispondo alla vostra affezione con tutta l’anima. Ben vorrei poterti ser- vire anch’io in qualche cosa, come in tante cose tu mi hai favo- rito e mi favorisci.