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dopo la rottura di cui mi scrivesti un pezzo fa?1 ora veggo che egli è tuo socio in queste memorie. Dimmi ancora come va il lavoro di queste, e se tu vi ti occupi, e come vi riesce l’impresa dell’edizione. Io desidero che quest’opera continui, ed abbia prospero successo, come merita. Dell’impiego che io vorrei che faceste delle copie eusebiane, vi ho già scritto pochi ordinarli fa, e spero che a quest’ora avrete ricevuta quella lettera.2 Quando io vi dico che vorrei che mi mandaste quegli esemplari per mezzo di Spedizioniere, intendo dire a spese mie. Sarebbe ridicolo lo specificar questa cosa, ma voi mi avete fatto conoscere che se non si viene a patti chiari, volete sempre soverchiare di generosità. Vi dico dunque espres- samente che se mi gradite per amico, e se non volete che io creda che il favorirmi nelle mie commissioni vi rincresca, voi dovete spedirmi quegli esemplari a spese mie, cioè pagando io il porto alla ricevuta, come s’usa. Sto aspettando riscontro da costì, dove ho scritto5 p[er] farvi pagare gli scudi 12.50. come vi ho detto nell’altra mia. Subito che avrò la risposta saprò che vi sieno stati pagati, o vi spedirò il gruppo p[er] la posta immediatamente. Il Teofrasto io non l’ho ancora tradotto, ma solo ho proget- tato di farlo se a De Romanis piacesse questa impresa. Però vi prego di ripigliare in mano la lettera dove io ve ne parlai, e far- gli leggere quel paragrafo. Se la impresa non gli piacerà, allora penseremo ad altro, e farò conto della vostra esibizione di pre- valervi di Firenze. Comandatemi, caro amico, e credetemi sempre vostro con tutta l’anima e desideroso di servirvi dovunque io possa. Addio, caro Peppino, addio addio.