ciata la stampa della sua nuova opera,2 e spero che Ella non
m’invidierà il piacere di gustare i frutti dell’ingegno Bavaro e
di un migliore ingegno italiano, appena saranno usciti dai torchi.
Io vengo presentemente ingannando il tempo e la noia con
una traduzione di operette morali scelte da autori greci dei più
classici, fatta in un italiano che spero non pecchi d’impurità nè
di oscurità. Ne ho tradotti finora tre in pochi giorni,3 ma lo
stomaco ridotto all’ultimo disordine, m’intima il manum de
tabula. Mi lusingo che l’inverno sia tanto amico e benigno al
suo stomaco quanto è fatale al mio, e che Ella abbia ricuperato
quell’appetito che il caldo le aveva tolto, e che io pel freddo
ho perduto.
Ella non si dimentichi del suo tenero, devoto, affettuoso ed
eternamente grato nipote Giacomo Leopardi |
662. |
A Giuseppe Melchiorri. |
|
Caro Peppino. In somma tu vuoi sempre essere splendido
cogli amici. Tu mi mandi dei libri in dono, mi mandi libri per
uso mio, mi mandi un libro mio proprio, e tu franchi ogni cosa
alla posta, come se tutto ciò mi fosse spedito per servigio non
mio, ma tuo. Ti ringrazio, perchè che altro ho da dire? Ti rin-
grazio della copia eusebiana, la cui legatura sta benissimo. Ti
ringrazio delle tante molestie che ti sei prese in diversi tempi
per quella edizione. Ti ringrazio dei libri, e ti prego a ringra-
ziar De Romanis delle sue belle odi. In particolare poi ti rin-
grazio delle Memorie d’Antichità, delle quali ti dico sincera-
mente che sono rimasto contentissimo, sì quanto all’idea
dell’opera, sì quanto all’esecuzione. Mi piace anche moltissimo
l’una e l’altra nelle notizie bibliografiche ec. compilate da te,
che mi paiono dover essere utilissime. Dimmi a questo propo-
sito p[er] una curiosità; sei tu forse rappattumato con Visconti,