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A Giuseppe Melchiorri. |
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Recanati, 22 dicembre 1824. |
Caro Peppino, Rispondo alla tua carissima dei 12. Ti pre-
vengo che non ho ricevuto nè la lettera di Missirini nè alcuna
delle stampe che tu dici di mandarmi nell’ultima e nella penul-
tima tua. Bensì ho ricevuto la lettera di De Mattheis di cui tu
mi parli, e un’altra di Canova, i quali vi prego a salutare assai,
quando li vedete. Circa agli esemplari Eusebiani, aspetterò, come
mi dite, i vostri cenni, e quando voi vorrete, manderò il denaro.
Carlo vi saluta e vi ringrazia delle vostre espressioni, ma non
si persuade che abbiate dimenticato il prezzo dei periini, cono-
sce la vostra generosità, ma vorrebbe che l’amicizia potesse in
voi più di quella. Se potrete favorirmi di risposta alle due mie
domande sopra l’Amaduzzi e l’Eschilo, mi farete sempre un gran
piacere. Ho riso del caso di Visconti con Carnevalini, e vera-
mente è da riderne. Il futuro agente di Recanati è un certo Bon-
tus, protetto da Antici, ma siate certo che Antici non ebbe alcun
sentore di quello che noi pensavamo per voi, ed io non potetti
dirgliene, perchè non seppi la cosa a tempo, altrimenti è fuor
di dubbio che avrebbe desistito dalla sua raccomandazione. Vi
ringrazio molto delle notizie letterarie, e vi prego a non istan-
carvi di venirmene dando, che me ne farete sempre un piacer
grandissimo. Mi è venuto in mente di proporre a De Romanis
se gli paresse opportuno di fare una edizioncina elegante dei
Caratteri di Teofrasto tradotti dal greco in puro e buono ita-
liano.1 Il libro è affatto del gusto del tempo presente, è scono-
sciuto, si può dire, alla lingua italiana, la quale non ne ha, ch’io
sappia, altra traduzione che quella sciocchissima di Costantini,
fatta non dal greco, non dal latino, ma dal francese, e un’altra
non meno insulsa fatta nel 600, in lingua di quel secolo, e con
intelligenza di greco propria di quei traduttori d’allora. A me
questa impresa parrebbe molto opportuna. Se così pare anche
a lui, io mi metterò a tradurre quella operetta, e gli manderò