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So bene che da un secolo in qua non veggo più una tua riga, c che non ho avuto mai replica all’ultima lettera che ti scrissi. Mi prevalgo dell’occasione di tuo padre per vedere.di farti arri- vare una mia lettera, e pregarti a darmi qualche segno di non avere rinunziato all’amicizia che avevamo insieme tanto stretta e sincera. Parlami di te, descrivimi la tua situazione; io sono impaziente d’intenderla da te stesso; scrivimi liberamente da amico, alla buona, senza studio d’eleganza, come vedi che fo io. In somma rompi questo silenzio, che mi dispiace molto, per- chè mi pone in dubbio dell’amor tuo, o se non altro mi fa stare incerto della tua situazione e privo delle tue nuove. Ti mando 19 copie di un libretto che ho fatto stampare recen- temente.1 Cinque di queste portano scritto dentro, il nome di quelli ai quali vorrei che tu mi favorissi di farle avere. Un’altra porta scritto il nome di Cancellieri, al quale vorrei che tu la facessi ricapitare a mio nome, insieme con altre tre. Un’altra vorrei che tu dessi da mia parte a Mercuri. Le quattro rima- nenti saranno a tua disposizione. Ti prego però espressamente a non darne nessuna a Marini, almeno a non dargliela a nome mio. Tempo fa, per una certa occorrenza, gli scrissi, e lo feci nel modo il più gentile possibile, anzi troppo umilmente.2 Non mi ha mai risposto. Si risponde anche ai villani, e io non sopporto chi mi manca di quel che è dovuto a tutti. Se il fare avere quelle prime cinque copie alle rispettive persone ti riesce incomodo, scrivimelo liberamente, che procurerò di supplire in altro modo. Mi dilungherei di più, se dopo un silenzio così lungo non fossi senza notizie sufficienti del tuo stato, delle tue occupa- zioni, de’ tuoi pensieri. Dammene ragguaglio, te ne prego. E soprattutto amami, e ricordati del tuo vero e costante amico che ti amerà sempre di tutto cuore. Addio, addio. Affeziona- tissimo cugino Giacomo Leopardi.