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sono creduti di Libanio, ma io stimo potere affermare che sono di quel Severo Alessandrino di cui si hanno alcune Etopée pub- blicate dal Morel, dall’Allacci e dal Gale.7 Mi distenderei più lungamente sopra questo cod. (degno certamente della luce), se me lo permettessero i confini di questa lettera. Molto volentieri, e con tutto il possibile impegno, intrapren- derei di copiare gli Scolj Ravennati di Aristofane, come Ella ha la bontà di suggerirmi. Ma non posso dissimulare a una per- sona che si compiace d’inspirarmi tanta confidenza, come fa Ella; non posso dissimulare, dico, che trovandomi nella mia fami- glia privo di ogni proprietà, per avere il padre vivo, e non potendo essere mantenuto da lui fuori del mio paese, mi è asso- lutamente impossibile qualunque intrapresa per cui sia neces- sario il soggiornare in altra città. Se il libraio di cui Ella parla, fosse in grado di farmi qualche discreta avance, che Ella deter- minerebbe, e che si dovrebbe scontare sull’onorario ec., io mi porterei a Ravenna e Venezia, e con tutte le mie piccole forze attenderei al lavoro proposto. Spererei anche di non incontrare troppe difficoltà per parte dei Bibliotecarj, perchè ho alcune amicizie in Romagna, e perchè i Romagnuoli generalmente sono meno gelosi che i Romani, verso i loro connazionali. Io non conosco alcuna recente opera o scoperta italiana che meriti di esserle annunziata. E con mio dispiacere sono anche costretto a dirle che la mia situazione in questo paese è tale, che io mi trovo quasi all’oscuro di ogni novità letteraria. La medesima situazione m’impedisce ancora di attendere con pro- posito ad alcun lavoro filologico, perchè la mancanza di libri moderni in questo genere (oltre la mia poca sufficienza) mi rende incapace di ogni profitto in tali studi. Bensì Ella mi farebbe un favore segnalatissimo se nelle ore di suo ozio si compiacesse darmi qualche notizia dei lavori let- terari, che Ella ha per le mani, giacché son certo che Ella non può mancare di averne, come anche sono certissimo della loro importanza e del loro merito. Ella mi conservi la sua benevo- lenza, e mi onori dei suoi comandi, se vaglio a qualche cosa, credendomi sempre

Suo riconoscentissimo servitore
Leopardi