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dì 2. del mese p. p.; e p[er] conseguenza la prego a non giudicare dal ritardo i sentimenti coi quali l’ho letta; e le posso dire, l’ho riletta più volte, e sempre con nuovo piacere, e con sincera gratitudine p[er] la bontà ed il favore coi quali Ella si degna di considerare la mia intra- presa. S’io ricevessi sovente, e da molti italiani, lettere dettate da quei medesimi sensi, proseguirei con animo più tranquillo nella via ch’ho intrapreso a correre; anzi rischierei d’insuperbirmi, giacché l’amore delle cose patrie fa sì ch’Ella riconosca da me molti effetti che dalla sola natura delle cose derivano, non avendo io altro merito che di aver veduto quello che tutti potevano vedere, che molti vedevano, e di avere tentato quello che molti avrebbero potuto fare senza dubbio assai meglio di me; ma pochissimi sono, devo confessarlo, quelli che vogliano, e quelli che pensino, o si vogliano prendere la pena di pensare come V. S. Io credo però ch’Ella non abbia tutte le ragioni quando dice che poco utile sarebbe il parlare di quanto si fa sulle sponde del Tevere: non ignoro che pochissimo vi si fa; ma discorrendo di quel poco, si ha l’occasione di dire come si potrebbe far meglio, e di quali cose sarebbe stato più vantaggioso l’occuparsi: e nell’attuale nostra situa- zione, importantissimo è, mi sembra, il cogliere tutte le occasioni di diffondere idee nuove e buone, e tutte italiane, senza fare sempre para- goni dolorosi p[er] noi. Del resto siamo perfettamente d’accordo; e se avrà l’opportunità di leggere più fascicoli dell’Antologia, vedrà che, quanto ho potuto ho cercato di persuadere i miei collaboratori, che un Giornale italiano dovesse piuttosto insegnare quello che debbe farsi, che annunziare quello che si fa. Ho sempre detto ai collaboratori dell’An- tologia ch’eglino non devono temere di ripetere certe verità che sem- brano triviali; che non lo sono in fondo se non che p[cr] gli oltramon- tani, o p[er] gli abitanti i più colti delle nostre grandi città; ma che p[er] la provincia, p[er] le nostre campagne segnatamente sono ancora dello Samskradamico. Dirò di più, anche una medaglia, un sonetto, un sasso, possono essere argomenti di eccellenti articoli, purché scritti con quello spirito filosofico, enciclopedico e filantropico, senza del quale non vi può essere oggi una vera letteratura. Bisogna ancora, e sempre vo ripetendolo, non perder di vista che tutto morale deve essere lo scopo del mio giornale, e tutto rivolto al perfezionamento del nostro stato sociale. Se alcuni miei amici, i quali mi sono cortesi di qualche loro produzione, ed alcuni coi quali ci intenderemmo molto bene, voles- sero superare una certa tendenza alla pigrizia, una fatale indifferenza, uno scoraggiamento quasi contagioso, io avrei più spesso nel mio gior- nale degli articoli adattatissimi ai nostri bisogni, e meno spesso di quelle chiacchiere, spiritose bensì, ma che a poco giovano. - Ma io devo