legherà, ed adempirò quanto voi mi dite. In altra mia vi risponderò
su tutto, e vi darò ancora qualche notizia letteraria interessante; per
esempio non sò ancora qual sia l’opera intera, e perduta di Eusebio,
che ha rinvenuta Mons.r Mai ne’ Palimpsesti Vaticani. In altra mia
ve lo saprò dir meglio. Circa la proposizione, che mi vien fatta dallo
Zio per parte vostra, ditele che lo ringrazio della premura, che ha per
me, e per li miei vantaggi, e che accetto volentieri questa sua gentile
esibizione, e mi presterò volentieri a suo tempo agl’interessi della com-
mune patria. Ditele ancora, che le scriverò altra volta, per assicurarlo
della mia gratitudine. Il segreto non temete, che sarà da me scrupolo-
samente guardato. Non posso dilungarmi di più. Addio Caro Giacomo.
Amatemi quanto io v’amo, nè vi dimenticate il Vostro Affmo A.
G. Melchiorri
Piacenza 16. Febraio [1824] |
Che destino è questo ch’io non possa mai avere una tua lettera,
mio adorato Giacomino? Ti scrissi da Firenze in ottobre: t’ho scritto
di qua il 28 decembre.1 E l’ultima ch’io ebbi da te era del 4. Agosto!
che è mai questo? Dimmi dunque come stai? che fai? che fanno Pao-
lina e Carlino; i quali ti prego di abbracciare caramente per me. E tu
mio caro, che fai? che scrivi? che pensi? che speri? (Ah che può spe-
rare un buono in questo mondaccio?) Sappi almeno che io ti adoro
sempre; e mi struggo di desiderio che tu possa esser felice. Ma è ciò
possibile a un cuor ottimo, a un altissimo ingegno? la mia salute è
debole, ma senza tormento. Oltre le solite tristezze sono afflitto da
malattie di persone ottime e care. Mi passano i giorni vóti e mesti.
E tu, mio caro? Sappi e gradisci ch’io ti amo sempre con tutta l’anima
mia. E non ti posso vedere! non posso avere nè anche una tua lettera!
oh misera amicizia! Addio mio caro caro.