Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/882

forza. Io vivo da eremita in questa mia povera patria, dove ho rinunziato quasi interamente agli studi filologici, i quali, com’Ella ben vede, non si possono coltivare in un paese privo affatto di codici e di buone edizioni de’ Classici. La presente letteratura italiana è miserabilissima, com’Ella sa; ed oltre di questo, io vivo in un luogo così separato dal mondo, che non mi trovo in istato di conoscere alcuna novità letteraria degna d’esser signi- ficata a V. Eccell. Se a caso potesse mai accadere che nella mia piccolezza io mi trovassi capace di servirla in qualche cosa, la supplico istan- temente a non volermi negar l’onore de’ suoi comandi, assicu- randola ch’io mi farei una vera gloria di adempire i suoi ordini, e un infinito piacere di mostrarle col fatto qualche parte della somma devozione e gratitudine con cui sono Di Vostra Eccellenza

Umiliss. Ossequiosiss. servitore
Giacomo Leopardi
592. Di Pietro Brighenti.
Bologna 12. Novbfe 1823.

Mio buon Amico: Finalmente ho avuto il piacere di veder vostri caratteri.1 Non potete credere quanto mi aveva addolorato il vostro silenzio. Ma non se ne parli più; e voi, donate voi stesso al mio affetto la importunità mia, che nacque appunto da un affetto infinito, e non manchevole. Sarà vero che Mons. Trevisani pagò la sua associazione, ed eccovi come sarà nato un equivoco. Da un mio amico di Roma ebbi tre anni sono una nota di 12. associati, fra i quali è un Monsignor Trevisani. L’amico per tali 12. associati soddisfece alle scadenze. Voi mi daste una nota di 4. associati (Voi compreso) e fra questi era un Monsignor Carlo Trevisani. Io non mancai fin qui di spedire una copia a Mons. Trevisani e un’altra copia a Mons. Carlo Trevisani degli undici volumi finora usciti. Se questi due Monsignori sono un Monsignor solo, per- chè non ne fec’egli mai cenno? Io in buona fede li credei due indivi-