che tu mandassi materie al suo giornale, che è già senza paragone il
migliore (anzi il solo buono) d’Italia; e che si farà ottimo, se i migliori
d’Italia si uniranno tutti a lui. La Censura di Firenze è la più benigna
in tutta Italia: il Direttore Vieusseux è il solo che intenda che cosa
sia, e come debba esser fatto un buon giornale. Tu che hai il più raro
ingegno che io mi conosca, e tanto sapere che appena è credibile; potrai
farti conoscere così stupendo come sei, in questo giornale, che è il solo
che abbia credito. E tu facendo onore a te e all’Italia, che ugualmente
adoro, mi darai una grandissima consolazione. Nè più aggiungo. Se
vuoi scrivermi subito (almeno due righe) diriggile a Bologna fame in
posta. Dammi nuove di te, non brevemente. Dimmi di voler compia-
cere al consiglio anzi alla preghiera di questa mia lettera. Dimmi che
mi ami, benché io già lo so. E io ti ripeto (colla stessa inutilità, e collo
stesso piacere) che ti amo e ti adoro sempre. Addio Addio.
590. |
Di Giuseppe Melchiorri. |
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Caro il mio Giacomo.
E gran tempo che sono privo affatto di tue notizie, nè sò che pen-
sarmi. Non ho neppure avuta risposta all’ultima mia. E pur vero, che
io sono stato in faccende ma tu pure devi avere avute le tue, e non
poche; giacché ti sei dimenticato del tuo Cugino, e, quello che vai più,
dell’amico. Io ho corretti i tuoi stamponi, ed a giorni si tirerà l’ultimo
foglio, e sarà in pronto l’opuscolo intero. Dimmi pertanto, che deggio
farne, come farlo legare, a chi darlo, come spedirlo etc. Scuotiti una
volta, e scrivimi due righe, almeno per mostrarmi, che sei al mondo.
Non ti sò dire niente de’ miei studi, giacché ora non ho altro per le
mani, che l’iscrizioni Vaticane. Il Varrone dorme, e dormirà per un
pezzo; poiché non puoi credere quante vicende mi siano accadute dolo-
rosissime in questi mesi. Se ti potessi raccontare tutti i miei guai, ti
farei pietà; e vedo bene che non giovano le consolazioni della filoso-
fia, per darsi pace di certe disavventure, che toccano il più vivo del
cuore. Fio perduta ogni speranza di conforto, non avendo neppure un
amico, col quale sfogare almeno la mia cruda doglia. Tu almeno caro
Giacomo confortami con i tuoi caratteri, che sempre mi sono cari,