Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, I.djvu/865

posto insieme un tometto di versi2 simili a quei pochi che tu conosci, aggiuntoci alcune prose appartenenti alla materia; e con- tro quello ch’io m’aspettava e che gli altri mi predicevano, ebbi in Roma dalla Censura la facoltà di stamparlo.3 Ma di quelle due cose che impediscono tt)v racppricuav,'1 voglio dire il timore e la speranza, l’uno non mi ha mai disturbato, l’altra mi soprav- venne per la prima volta in quel punto ch’io faceva metter mano alla stampa. Così tra per questa cagione e per l’avere avuto a partir di là, differii di stampare quella mia piccola Lirica, alla quale ora, trovandomi qui confinato, non ho più niun pensiero. Il zio Antici ebbe la tua lettera e mi diede i tuoi saluti. Farò le tue parti con lui e coll’abate Rezzi per lettera. Carlo ti ama, t’abbraccia, sta bene, e non sapendo che fare si trastulla assai colle donne. Paolina altresì ti saluta caramente. E ancor qui, che non s’è trovato mai da maritarla, e ha rifiutato varii par- titi. Mia madre dice ch’io ti scriva di veder se tu potessi tro- varlene uno in coteste parti. Dubito molto che la cosa ti sia pos- sibile, perchè la dote è poca. In ogni modo, acciocché tu sappi, ti dico che la dote è di settemila scudi. Quanto alla persona, così per le parti dell’animo e della educazione, come per le este- riori, credo che ci possa aver chi se ne contenti. L’età è venti- due anni; nè già ella si curerebbe di più che tanta gioventù nello sposo; nè anche di troppa nobiltà. Vedi ch’io t’ho scritto pur lungamente, e sempre delle cose mie, dimostrandomi contami- nato di quel vizio ch’io detesto sommamente, e del quale invero io mi stimo esser netto forse più che non bisognerebbe con questa gente con cui si vive. Considera quanto io t’amo, che per com- piacerti non mi curo di parere inetto a me stesso e a te, del cui giudizio fo più conto che di quello della fama. Mi scriverai col maggior tuo comodo possibile; o mi farai sapere per alcuna via che questa lettera ti sia giunta, acciò ch’io possa fidarmi di tor- nare a scriverti. Dici ch’io tralasci di testificarti l’amor mio. In verità ch’io l’avrei tralasciato, perch’io non seppi mai come significarlo bastantemente, ed ora meno che mai. T’abbraccio e ti saluto; con quanto affetto, lo sai tu che m’ami tanto, e lo so io che me ne struggo, e niun altro lo può comprendere. Addio, cara e celeste anima.