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562. Di Giuseppe Melchiorri.
Roma 10. Maggio 1823.

Caro il mio Giacomo. Iio inteso con gioja la notizia del tuo felice arrivo in Recanati, e ti ringrazio di aver pensato subito a scrivermi. Questo è una prova che mi vuoi bene da vero, come puoi credere che te ne voglio ancor io assai, e non poco è stata per me dolorosa la tua partenza; essendo rimasto privo dell’unico amico che io aveva. Tu che hai conosciuto me, e le persone che mi avvicinano sarai persuaso della verità di ciò che ti dico. Le espressioni del tuo cuore figlie di sincerità e di vera amicizia mi saranno sempre graditissime, e poiché non abbiamo altra compiacenza, non ci togliamo almeno quello di ripeterci spesso scam- bievolmente i reciprochi sensi di benevolenza, e di amistà. Ti ritorno i saluti della mia Tata, e di Pippo De Romanis unica persona che abbia veduta di quelli che mi nomini; gl’altri vedendoli avranno i tuoi saluti. Marini mi dice tante cose di te. Mi parlò dell’affare di Paolina, dicen- domi che ancora non aveva potuto escludere il partito di Bologna, ciò che spera di fare al più presto, ed allora sarà fortunato di poter trat- tare con noi. Credi pure Giacomo mio, che io ne prendo tutto il carico possibile, e non desisto dalle premure, per quanto però lo permette la delicatezza, e la convenienza di questa impresa. Salutami intanto Paolina, e digli questi miei sentimenti, assicurandola che sarò conten- tissimo di poterla giovare. Lo stesso potrai dire a tuo Padre, che mi riverirai tanto. Passo alle Lettere. I tuoi stamponi1 sono a buon porto, ed avuta che avranno da me la terza correzione, te li manderò per la quarta. Pippo nostro ti saluta, e ti prega a volergli mandare al più presto quelle due righe di scritto, che gli hai promesse sopra la traduzione dell’E- neide di Leoni, al quale ha scritto, che si stamperanno a momenti: per ciò vedi di contentarlo. Circa la traduzione dell’Anabasi di Senofonte non ne deporre il pensiero, e parlamene a tuo commodo, che Pippo è invogliato di stamparla. Caro Giacomo non dimenticarmi, scrivimi spesso, e disponi di me a tuo talento. Torna i saluti a Carlo, e digli che mi commandi pure, e mi con- servi la sua amicizia. A giorni anderò da Capaccini, e ti saprò in seguito dire qualche cosa. Ti darò qualche notizia. Il Pad. Abbate Zurla Camal-