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Scusate, caro Giacomuccio mio, queste ciancie; ve ne domanderò perdono in ginocchio, quando verrete; e noi tutti lo desideriamo tanto! ma non vorressimo però cooperare alla vra venuta, vedete quanto poco siamo egoisti! Addio, Giacomo mio. Non ti saluta nessuno, perchè scrivo all’insaputa di tutti, e sento che Carlo pure vi scriva. Se avete tempo potete provvedermi l’acqua di odore, senza però il menomo vro incomodo - Essenza di Rose - Miele d’Inghilterra - Mille Fiori.

557. A Pietro Giordani.
Roma 26 Aprile 1823.

Sperava di ricevere qualche altra tua lettera in Roma. Ma dalla cara tua de’ 16 di Febbraio in poi (alla quale risposi molto lungamente) non ho più veduto i tuoi caratteri. Ben so che scri- vesti a mio zio e questa mattina Mons. Mai mi ha detto che tu gli scrivi, e gli parli di me con quell’affetto ch’è proprio tuo; ed intendendo ch’io ti voleva scrivere, m’ha commesso di salu- tarti caramente a suo nome. Così fece anche l’Abate Canova, il quale vidi l’altro dì, e parlammo di te quanto e nel modo che puoi pensare. Ma si lamentava anch’esso del tuo silenzio. Fra due o tre giorni io parto di qui, e torno al mio Recanati, dove mi fermerò forse poco, forse sempre. Porto buone speranze d’es- ser provveduto di qualche impiego, anzi il Segretario di Stato ne diede promessa formale al Ministro di Prussia, che presen- temente è a Napoli, come saprai, ed ha scoperto in quei codici diverse cose notabili; fra l’altre, una gran parte inedita di Sosi- patro Carisio Grammatico.1 Se il Segretario di Stato si ricor- derà di me, non resterò in Recanati gran tempo: altrimenti non vedo come ne potrò di nuovo uscire; del che mi prendo pochis- sima pena. Ho fatto in Roma gran moto ed esercizio di corpo, ed ho sopportato il tutto facilissimamente, e senza la menoma incomodità, quantunque uscissi da un’eccessiva, anzi totale iner- zia corporale di più anni. Fuor del vigore che non riacquisterò