Scusate, caro Giacomuccio mio, queste ciancie; ve ne domanderò
perdono in ginocchio, quando verrete; e noi tutti lo desideriamo tanto!
ma non vorressimo però cooperare alla vra venuta, vedete quanto poco
siamo egoisti! Addio, Giacomo mio. Non ti saluta nessuno, perchè
scrivo all’insaputa di tutti, e sento che Carlo pure vi scriva.
Se avete tempo potete provvedermi l’acqua di odore, senza però
il menomo vro incomodo - Essenza di Rose - Miele d’Inghilterra -
Mille Fiori.
Sperava di ricevere qualche altra tua lettera in Roma. Ma
dalla cara tua de’ 16 di Febbraio in poi (alla quale risposi molto
lungamente) non ho più veduto i tuoi caratteri. Ben so che scri-
vesti a mio zio e questa mattina Mons. Mai mi ha detto che
tu gli scrivi, e gli parli di me con quell’affetto ch’è proprio tuo;
ed intendendo ch’io ti voleva scrivere, m’ha commesso di salu-
tarti caramente a suo nome. Così fece anche l’Abate Canova,
il quale vidi l’altro dì, e parlammo di te quanto e nel modo che
puoi pensare. Ma si lamentava anch’esso del tuo silenzio. Fra
due o tre giorni io parto di qui, e torno al mio Recanati, dove
mi fermerò forse poco, forse sempre. Porto buone speranze d’es-
ser provveduto di qualche impiego, anzi il Segretario di Stato
ne diede promessa formale al Ministro di Prussia, che presen-
temente è a Napoli, come saprai, ed ha scoperto in quei codici
diverse cose notabili; fra l’altre, una gran parte inedita di Sosi-
patro Carisio Grammatico.1 Se il Segretario di Stato si ricor-
derà di me, non resterò in Recanati gran tempo: altrimenti non
vedo come ne potrò di nuovo uscire; del che mi prendo pochis-
sima pena. Ho fatto in Roma gran moto ed esercizio di corpo,
ed ho sopportato il tutto facilissimamente, e senza la menoma
incomodità, quantunque uscissi da un’eccessiva, anzi totale iner-
zia corporale di più anni. Fuor del vigore che non riacquisterò