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mantelletta e ch’io l’ho ricusata, e altre tali ciarle fottute sparse dal Zio Momo, bench’io l’avessi già scongiurato a non dir niente; ed abbia sempre fatto grandissima forza per impedire che si discorresse di questo in tavola; dove tu non puoi credere che maledetto ciarlare che si faccia, in presenza dei ragazzi e dei servitori, sopra tutte le cose della famiglia che dovrebbero esser più scerete e gelose. Quanto al trattato di Paolina, scrissi lungamente coll’ultimo ordinario a mio padre, che me n’aveva interrogato sotto gran confidenza. Siccome credo che la mia lettera sarà stata comu- nicata alla Mamma almeno, e dalla Mamma a Paolina, perciò non ripeto quello che vi si conteneva. Solamente ti dico che i vantaggi di questo partito sono tanti e tali, che non solamente compensano, ma quasi annullano il sacrifizio ch’esso richiede- rebbe da Paolina: sacrifizio molto comportabile perchè Marini, benché non giovane, è fresco, sano e forte, ed anche conside- rando il solo esteriore, è venti volte più amabile di Peroli. Ma di ciò parleremo pienamente a voce, e per parte mia non man- cherà che il Trattato, se è possibile, abbia effetto. Ne scrivo anche oggi a mio Padre. Salutami Paolina, e confortala a star di buon animo. Tu godi della bella stagione, e forse agli ultimi di questo la godremo insieme. Non serve che ti dica quanto io desideri di trovarmi con te. Lascio per la fretta molte altre cose che ti vorrei dire in risposta alla cara tua. Non dite ad alcuno l’epoca della partenza del Ministro di Prussia che vi ho scritta qui dietro. Questo vostro silenzio m’è necessario per un’espressione ambigua ch’io metto nella lettera a mio Padre. Ec. ec.1

544. A Monaldo Leopardi.
Roma, 5. Aprile, 1823.

Carissimo Sig. Padre Coll’ultimo ordinario risposi dettagliatamente alla sua gra- ziosissima dei 28 Marzo. Ora debbo avvertirla che il Cav. Marini,