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525. A Monaldo Leopardi.
[Roma] 7. marzo [1823]

Carissimo Sig. Padre Sono cinque ordinarii continui ch’io manco di lettere sue o di casa. Non sapendo trovar colpa in me, spero che questo silen- zio non derivi se non dalle sue occupazioni, o che tutto si debba alla posta. Noi stiamo, grazie a Dio, benissimo, e la primavera comincia a lasciarsi vedere. Sapendo ch’ella s’interessa delle cose mie, non voglio tacerle che da qualche tempo ho trovato mezzo di farmi incaricare del Catalogo de’ Codici greci che sono nella Biblioteca Barberina;1 il qual Catalogo non era stato mai fatto, se non trascuratissimamente, e la maggior parte di quei codici, che non son pochi, era sconosciuta. Ho preso questo incarico colla speranza di far qualche scoperta, e di potermene servire, in caso che mi riuscisse di farne. Il che è difficilissimo in que- sta città, dove i Bibliotecari sono così gelosi ed avari come igno- ranti, e non permettono quasi a niuno l’uso degl’infiniti codici che si conservano in queste librerie. Da parecchie settimane ho incominciato il Catalogo, e ultimamente, oltre varie scoperte minori, ho trovata un’operetta greca sconosciutissima,2 la quale essendo quasi intera, e di secolo e stile assolutamente clas- sica, viene ad essere di tanta importanza quanto le più famose scoperte del nostro Mai. Sono ora occupato a copiarla, nel che debbo superare infinite difficoltà, perchè da una parte mi con- viene combattere coll’oscurità del codice, e dall’altra sfuggire o deludere continuamente con vari pretesti la vigilanza del Biblio- tecario. Per ora non si parlerà in nessun modo di questa sco- perta, finché non sia finito il Catalogo, e trovato e copiato tutto quello che si troverà di nuovo e di buono nella Barberina. Sola- mente ho mostrato il Codice a un letterato tedesco, il quale è 'convenuto del pregio della scoperta, e mi ha confermato nelle mie congetture e opinioni intorno all’autore, al secolo ec. Quando sarà tempo, metteremo il campo a romore.