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ed hanno continua memoria di te, non credendo (come non credo io) poter trovare in tutta la vita loro un cuore e uno spirito come il tuo. Che tu segua ancora ad amarmi, bench’io non ne dubi- tassi, pur mi è così dolce il sentirlo da te, che non so qual'altra dolcezza e qual altro contento non darei di tutto cuore in cam- bio di questo. Ma che tu segua a patire mi rattrista assai più di quello ch’io potessi mai esprimere. Da gran tempo io porto questa opinione e questo quasi sentimento, che la vita e la sorte mia e la tua sieno come una sola, e che della tua felicità io debba essere felicissimo, e infelicissimo della tua infelicità. Scrivimi più spesso che puoi, perchè le tue lettere mi recano sempre un senso di vita che da parecchi anni io non soglio provare, si può dir, mai. Vedi ch’io t’ubbidisco e che scrivo di me così lunga- mente come non farei certo ad alcun altro, nè anche a te, se non fosse per compiacerti. Amami come fai. T’abbraccio e ti saluto con tutta l’anima. Addio, carissimo ed unico amico. Addio. 513- Di Angelo Mai. [Roma] 4. Feb.0 [1823] Sig.' Conte pregiatilo. Se a V."S. non fosse incomodo il venire da me al palazzo vaticano dimani mercoledì 5. Feb.0 alle ore venti a prendere meco una zuppa, l’avrei a singolare onore, oltre il piacere di stare con Lei qualche ora. Potrà bastare che risponda oralmente al latore del presente. Sono il suo Aff.° Oss.° Servo. A. Mai 514- A Carlo Leopardi. [Roma] 5 Febbraio [1823] Caro Carlo. Dal tuono della tua lettera mi par di vedere che tu sei più allegro del solito, e non mi parrebbe inverisimile che tu