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zione, e il dolore; solo la morte di Turenna fece parlare per più lungo tempo; ma non sarà paragonabile a questa morte di Quercia, o Cerqua, ch’io non ho mai imparato il vero nome. Vedete dunque a che propo- sito ho cavato fuori la mia erudizione, e ridete; e già sapete che Mad. de Sévigne è la mia opera classica, e avendola letta tre volte, la so bene a memoria. Addio, Giacomuccio mio. Se vi siete annojato delle mie ciarle, come sarà senza dubbio, ringraziatemi che ho cominciato in un mezzo foglio di carta. Tutti vi salutano, ed io saluto tanto Mariuccia, e voi, Giacomo mio, abbracciandovi affettuosamente. Addio. Per vra regola, ho renduto già le vfe lettere e le mie invisibili ad ogni altro.

500. Di Giuseppe Melchiorri.
[Roma] Casa 16 Genn.° 1823

Caro Cugino Il Latore del presente è uno de’ compositori della Stamperia de Romanis al quale potrete pur consegnare i Stamponi1 tanto vostri che miei, i quali lasciai da voi inavvertentemente. Questa sera ci rivedremo. Vogliatemi bene. Addio. V.'° Aff.mo Cugino G. Melchiorri

501. A Carlo Leopardi.
Roma 18 Gennaio 1823.

Caro Carlo. Non risposi subito alla tua de’ 9 perchè aven- doti scritto ne’ due ordinarti precedenti, nostro padre non pren- desse sospetto s’avesse veduto una tal continuazione di lettere fra noi due, dopo un lungo intervallo che non ci avevamo quasi più scritto l’uno all’altro. Ho ricevuto anche la tua dei 13. Tutte due m’hanno fatto grandissimo piacere», come puoi ben credere. Soddisfarò, com’è ben giusto, a tutte le tue domande e a tutte le parti delle tue ultime lettere, e non lascerò che ti possa lamen-