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497. A Monaldo Leopardi.
[Roma] 13 Gen. [1823]

Carissimo Sig. Padre Ho ricevuto oggi la sua amorosissima dei 10. Manderò alla posta a riscuotere l’unguento e il resto ch’Ella con tanta pre- mura m’invia, e ne farò uso secondo il mio stato. Scrivo breve- mente perchè sono in Ietto, dove fo conto di passare una setti- mana, avendo veduto che la mia piaghetta, benché leggera, aperta da 15 giorni, non ha mai migliorato per la cura che gli ho avuta stando in piedi. Con un poco di pazienza spero di guarire. Non potendo scrivere a lungo, Ella mi perdonerà se non mi stendo sufficientemente sull’affare del Platone, intorno al quale Ella ha la bontà di consigliarmi e istruirmi così amorosamente. Le dirò solo che l’affare non è d’un triennio, ma di più o meno a piacer mio: che a piacer mio saranno ancora tutte le circo- stanze sì del lavoro, sì dell’impegno, quando si contragga, giac- ché per uso e per ragione gli autori non si legano cogli stampa- tori come due parti contraenti, ma li trattano a modo loro: che De Romanis è un buon uomo, non estremamente interessato, e se non altro, maneggiabile: che in Italia, e massimamente in Roma, com’Ella sa, non si può pretender gran cosa per lavori letterarii, giacché il guadagno degli stampatori è ristretto, e il numero di copie ch’Ella dice, non credo che possa trovar esito, anzi sarebbe molto che se n’esitasse la metà: che nell’impresa di De Romanis non avrebbe luogo il testo, ma la sola tradu- zione con note o filosofiche o storiche, ma non filologiche: che ho già presso di me un Platone di Lipsia 1819-22 8.vo, volumi, finora, 3,1 datomi da De Romanis gratis, come anche gratis mi dovrà proccurare qualunque altra opera, edizione ec. sia neces- saria al proposito; e che finalmente o non si farà scrittura, ed io resterò libero di far quanto mi piacerà, e d’interrompere il lavoro subito che lo stampatore non corrisponda il convenuto; o dovendosi fare obbligazione in iscritto, non mancherò di comu-