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dietro. Consolami, caro amico, d’una tua risposta, e voglimi bene, assicurandoti ch’io sono sempre verso di te quello di prima, cioè caldissimo e costantissimo amico. Se qui o dovunque ti posso servire in qualche cosa, comandami e adoprami come adopre- resti te medesimo: e in qualunque caso credimi Il tuo Leopardi

487. A Monaldo Leopardi.
Roma 4 del 1823.

Carissimo Signor Padre. Scrivo questa per avvisarla che ieri mi furono resi dalla posta gli scudi dieci, e per darle nuova di me, che in questi giorni me la passo per lo più in casa, stando con due piaghette l’una alla mano e l’altra al piede, molto irresoluto se io le debba medi- care o no, e che cosa converrebbe metterci. Finora non ci ho fatto nulla: non mi danno dolore, stando fermo; e io mi con- tento di riguardarle. Lo stampatore De Romanis mi ha propo- sto d’intraprendere per lui una traduzione di tutte le opere di Platone. Questo lavoro si fa contemporaneamente in Germa- nia e in Francia nelle rispettive lingue; ed è molto desiderato in Italia. Tutti i letterati nazionali e forestieri ai quali s’è par- lato di questo disegno, l’hanno lodato infinitamente; lo Stam- patore n’è invaghito, e credo anch’io che quest’impresa ben ese- guita potrebbe far grand’onore. M’hanno consigliato di doman- dare a De Romanis 100 scudi per ciascun tomo della traduzione, la quale verrebbe a portare quattro o cinque tomi. Sono quasi nell’impegno; e se le condizioni mi converranno, penso di strin- gerlo. Mi sarà molto caro il suo parere in questo proposito. Il freddo qui è mitigato, ma pare presto voglia riprendere il suo rigore. Mercoldì Roma era bianca dalla neve. Saluti di tutti a tutti. La prego in particolare de’ miei, specialmente alla cara Mamma e ai fratelli. E baciandole la mano, mi ripeto

Suo Affino e Gratmo figlio
Giacomo.