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Dice Peppe,1 che donna Marianna vi vuol portare in casa Torlonia, ove potrete fare moltissime conoscenze con Forastieri, che vi concor- rono ordinariamente, e con essi spero che potrete far capitale del vro spirito. Sappiamo che avete veduto, e lungamente Mai, e ne siete rima- sto contento? - Volevo dirvi prima di partire che andando dal mini- stro di Olanda mi ricordaste alla figlia; se ci tornate lo potete fare. E inutile il dirvi, che noi stiamo bene, che Pietruccio ha una piccola flussione ad una guancia, che Paolina Mazzagalli è stata sposa per due giorni di Rutiloni di Tolentino,2 e che non lo è più; tutte queste cose o le sapete, o ve le immaginate, o non è necessario il parlarvene. Carlo ha riso, ed ha approvato il vro ritorno dello scherzo sul baule,5 seb- bene non gli sia piaciuto Tesservi stato sempre di dietro. Tutti i da voi salutati vi risalutano, ed anche D. Vincenzo, il quale ad ogni vfa lettera non ha ancora finito di domandare come vi piace Roma, ed al quale crediamo bene di non rispondere per non trovarci poi di avere esaurito come voi tutti i sinonimi. Papà aveva già avuto riscontro dalla Mazzagalli, e da Fusconi. Mamma non fa che lodarsi di voi, e compia- cersi grandemente delle vre lettere. Noi tutti ancora vi vogliamo bene, ed io in particolare moltissimo. Con tutto il vro comodo esaurirete le mie commissioni, che voi avete l’ardire di chiamare comandi; eppure sapete che non ho il diritto di darne a nessuno; molto meno a chi può darne a me. Molti saluti a Mariuccia, vi prego, dicendole, che sto aspet- tando un altra [sic] sua lettera ansiosamente. E voi pure, Giacomuc- cio mio, mi scriverete un altro poco, non è vero? io lo desidero calda- mente; ma non è per questa ragione che voi lo farete; se il vro cuore non se ne cura, non dovete scrivermi più. Addio. Sappiamo che fate moltissimo moto, e perciò state meglio di colore. Voi ci parlate tanto poco di voi stesso, che bisogna ricorrere ad altri. Addio, caro Gia- como; vogliatemi bene, non ve ne dimenticate.

471. Di Carlo Leopardi.
Recanati 12 Xbre 1822

Che cosa miserabile quando si sta ad una distanza come la nostra non poter ricever lettere l’uno dall’altro con un intervallo minore di undici giorni! a meno che non si voglia aver l’altro incomodo d’incro-