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altri miei. Credi, Carlo mio, che se l’amor nostro scambievole potesse crescere, crescerebbe dalla mia parte, non solo per l’al- lontanamento, il quale agli animi come i nostri, suol recare gran desiderio dell’amato, ma per lo stesso viver nel mondo, e nel tumulto, e per le stesse distrazioni, e gl’impedimenti ch’io ho di pensare a te solo. Veramente per me non v’è maggior solitu- dine che la gran compagnia, e perchè questa solitudine mi rin- cresce, però desidero d’essere effettivamente solitario, per essere in effettiva compagnia, cioè nella tua, ed in quella del mio cuore. Senti, mio caro fratello; non mi dare del misantropo, nè del codardo, nè del bigotto; ma piuttosto assicurati che quello ch’io sono per dirti m’è dettato dall’esperienza, e dalla cognizione dell’animo tuo e mio. Dico, che in verità, se per qualche modo tu potessi proccurarti costì un’esistenza meno dipendente e meno povera di quella d’oggi, tu non dovresti pensare e giudicare di cedere al destino, e rilasciargli la maggior parte della felicità; ma ti dovresti fermamente persuadere di essere, se non nel migliore, certo in uno de’ migliori stati possibili all’uomo. Domandami se in due settimane da che sono in Roma, io ho mai goduto pure un momento di piacere fuggitivo, di piacere rubato, preveduto o improvviso, esteriore o interiore, turbo- lento o pacifico, o vestito sotto qualunque forma. Io ti rispon- derò in buona coscienza e ti giurerò, che da quando io misi piede in questa città, mai una goccia di piacere non è caduta sull’a- nimo mio; eccetto in quei momenti ch’io ho letto le tue lettere, i quali ti dico senz’alcuna esagerazione che sono stati i più bei momenti della mia dimora in Roma: e quelle stesse poche righe che ponesti sotto la lettera di mia Madre, furono per me come un lampo di luce che rompessero le dense e mute e deserte tene- bre che mi circondavano. Dirai ch’io non so vivere; che per te, e per altri tuoi simili il caso non andrebbe così. Ma senti i ragio- namenti ed i fatti. L’uomo non può assolutamente vivere in una grande sfera, perchè la sua forza o facoltà di rapporto è limi- tata. In una piccola città ci possiamo annoiare, ma alla fine i rapporti dell’uomo all’uomo e alle cose, esistono, perchè la sfera de’ medesimi rapporti è ristretta e proporzionata alla natura