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mi domandano la stessa cosa cento volte il giorno, e volendo sempre variare nella risposta, ho consumato il frasario, e i Sino- nimi del Rabbi.1 Parlando sul serio, tenete per certissimo che il più stolido Recanatese ha una maggior dose di buon senso che il più savio e più grave Romano. Assicuratevi che la frivo lezza di queste bestie passa i limiti del credibile. S’io vi volessi raccontare tutti i propositi ridicoli che servono di materia ai loro discorsi, e che sono i loro favoriti, non mi basterebbe un in-folio. Questa mattina (per dirvene una sola) ho sentito discor- rere gravemente e lungamente sopra la buona voce di un Pre- lato che cantò messa avanti ieri, e sopra la dignità del suo por- tamento nel fare questa funzione. Gli domandavano come aveva fatto ad acquistare queste belle prerogative, se nel principio della messa si era trovato niente imbarazzato, e cose simili. Il Pre- lato rispondeva che aveva imparato col lungo assistere alle Cap- pelle, che questo esercizio gli era stato molto utile, che quella è una scuola necessaria ai loro pari, che non s’era niente imba- razzato, e mille cose spiritosissime. Ilo poi saputo che parecchi Cardinali e altri personaggi s’erano rallegrati con lui per il felice esito di quella messa cantata. Fate conto che tutti i propositi de’ discorsi romani sono di questo gusto, e io non esagero nulla. Il materiale di Roma avrebbe un gran merito se gli uomini di qui fossero alti cinque braccia e larghi due. Tutta la popolazione di Roma non basta a riempire la piazza di San Pietro. La cupola l’ho veduta io, colla mia corta vista, a 5 miglia di distanza, mentre io era in viaggio; e l’ho veduta distintissimamente colla sua palla e colla sua croce, come voi vedete di costà gli Appennini. Tutta la grandezza di Roma non serve ad altro che a moltiplicare le distanze, e il numero de’ gradini che bisogna salire per trovare chiunque vogliate. Queste fabbriche immense, e queste strade per conseguenza interminabili, sono tanti spazi gittati fra gli uomini, in vece d’essere spazi che contengano uomini. Io non vedo che bellezza vi sia nel porre i pezzi degli scacchi della gran- dezza ordinaria, sopra uno scacchiere largo e lungo quanto cote- sta piazza della Madonna.2 Non voglio già dire che Roma mi paia disabitata, ma dico che se gli uomini avessero bisogno d’abi-