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consolato. Abbiti gran cura, e se ti contenti d’imitarmi in que- sto, spera bene. Oh se ti potessi rivedere. Dopo tre soli anni, appena mi riconosceresti. Non più giovane, non più renitente alla fortuna, escluso dalla speranza e dal timore, escluso da’ menomi e fuggitivi piaceri che tutti godono, ma tanto più caldo verso te, quanto meglio, facendo sperienza degli altri, t’ho cono- sciuto per quella rarissima gioia che sei. Paolina andrà sposa di un Signor Peroli a Santangelo in Vado, ma non prima di que- sto Gennaio, come già ti scrissi, e forse a primavera. Ti saluta, e così Carlo, e si rallegrano teco di tutto cuore. Io me la passo alla buona, proponendo molto, effettuando poco, bisognoso uni- camente di svagarmi e sollazzarmi, e non uscendo mai di casa. Ma essendo stanco di far guerra all’invincibile, tengo il riposo in luogo della felicità, mi sono coll’uso accomodato alla noia, nel che mi credeva incapace d’assuefazione, e ho quasi finito di patire. Della salute sto come Dio vuole, quando peggio, quando meglio, sempre inetto a lunghe applicazioni, e sempre determinato di non voler perdere il poco, sforzando il molto. Ch’io ti ricordi tuttogiorno a’ miei cari, che son pochi, non t’in- ganni a crederlo. Ti mandai coll’ultima che ti scrissi costà sulla fine di Luglio,1 i saluti di quel Marchese Antici che già cono- scesti in Recanati del diciotto, e che oggi è qui, e legge le cose tue con gusto e plauso incredibile. Si saranno perduti insieme con quella lettera, la quale non ho mai saputo che ti sia stata recapitata. Voglimi bene e seguita a darmi buone nuove. T’ab- braccio, t’amo, ti prego tutti i beni del mondo, e resto indivisi- bilmente con te. Addio. Paolina e Carlo non si contentano di quello che ho detto a nome loro, vogliono che ti saluti di nuovo, e ti conforti anche per loro a far buon animo.

420. A Ignazio Guerrieri.
Recanati 26 Ottobre 1821.

Pregino Signor Canonico Quantunque non abbia ricevuto il manoscritto del quale V. S. mi parla, non voglio tardare a rispondere alla sua stimatissima,