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cura a vincere quel difetto; e almeno in qualche parte l’avrei vinto, e senza togliere allo stile forza, gli avrei cresciuto chiarezza, e dato facilità. Almeno così mi pare. Mio caro: la mia vita vitale è finita da un pezzo; mi riman solo un languido e misero moto materiale; che io con pazienza stupida sento andare estinguendosi. Ma tra le molte fan- tasie che rivoltai per la mente, una fu di scrivere un’opera - del per- fetto scrittore italiano -1 descrivendo fin dal nascere qual dovesse essere la sua condizione, e l’educazione fisica e morale, e la materia, e ordine di tutti gli studi, fino a trent’anni, come scrittore, e come italiano; quali scienze ed arti dovesse sapere; da quali autori greci, latini, italiani, prender l’arte; e che imparare da ciascuno. Formato poi lo stile volevo dire quali opere (a maggior prò della sua nazione) dovesse comporre; e qui dare l’abbozzo di varie opere di vario genere, storico, filosofico, legislativo, politico, morale, drammatico; lasciando ai gio- vani ingegni italiani il delineare più ampiamente, e colorire quegli abbozzi. Ma questo disegno, con tanti altri è morto colla mia povera testa, che non risorgerà mai più. Oh tu che sei sì stupendo d’ingegno e di sapere, poni ogni tua cura a conservarti; perchè devi fare di gran- dissime cose, che tu solo potresti: e la tua giovinezza dee sperar tempi che divenga glorioso e utile l’avere quel rarissimo e maraviglioso cer- vello, e quel tanto sapere che tu possiedi. Giacomino mio, finché mi batterà il cuore ti amerò quanto amare si può: e con desiderio insazia- bile della tua felicità ti abbraccio e ti bacio. Addio caro, addio.

411. Di Pietro Brighenti.
Bologna 28. Luglio 1821.

Mio amato Giacomino. Scusatemi se prima d’oggi non ho risposto alla vra del 22. giugno. Sono stato in giro per la edizione Giordani, c poi occupatissimo di musiche dalle quali sapete che ritraggo qualche scudo che è necessario alla mia famigliuola. - Vi dò nuova che vi pia- cerà, cioè che la edizione và avanti con tutta l’attività e presto ne vedrete gli effetti. Ma quante fatiche e quanti pensieri! Del nostro Giordani ebbi lettera jeri assai breve, dopo un mese e più di silenzio. I '‘.gli si duole che la sua vista si è ridotta a tale che non gli permette il leggere. Quale affanno io ne abbia potete imaginarlo. E sempre a