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La mia scrittura sarà delle lingue, e specialmente delle cin- que che compongono la famiglia delle nostre lingue meridio- nali, greca latina italiana francese e spagnuola.2 Molto s’è disputato e si disputa della lingua in italia, massimamente oggidì. Ma i migliori, per quello ch’io ne penso, hanno ricordata e pre- dicata la filosofia piuttosto che adoperatala. Ora questa mate- ria domanda tanta profondità di concetti quanta può capire nella mente umana, stante che la lingua e l’uomo e le nazioni per poco non sono la stessa cosa. Non adulo, e non ho cagione di adu- lare, perchè niuno si compiacerebbe delle adulazioni mie. Dico che la tua lettera al Monti’ mi pare la più filosofica di tutte le scritture stampate in italia questi ultimi anni intorno alla lin- gua, e forse la più bella prosa italiana di questo secolo, eccet- tuato un difettuzzo, che t’è comune con quasi tutti i sommi scrit- tori antichi. Cioè quella tal quale oscurità che nasce non da veruna affettazione, o da negligenza, o da vizio nessuno, anzi dalle virtù dello scrivere; come dall’accuratissima fabbrica e stretta legatura de’ periodi, che affaticano alquanto il lettore, e di tratto in tratto lo sforzano a rileggere qualche periodo, volendo tenere il filo de’ ragionamenti, e seguire i tuoi concetti pellegrini e rimoti dall’uso comune. Il che forse accade perchè, massime negli scritti filosofici e scientifici e didascalici, siamo troppo assuefatti a una sciolta e larga dicitura, che tanto giova alla facilità, quanto pregiudica alla forza e alla bellezza. Tornando al proposito, è vano l’edificare se non cominciamo dalle fondamenta. Chiunque vorrà far bene all’italia, prima di tutto dovrà mostrarle una lingua filosofica, senza la quale io credo ch’ella non avrà mai letteratura moderna sua propria, e non avendo letteratura moderna propria, non sarà mai più nazione. Dunque l’effetto ch’io vorrei principalmente conse- guire, si è che gli scrittori italiani possano esser filosofi, inventivi e accomodati al tempo, che in somma è quanto dire scrittori e non copisti, nè perciò debbano quanto alla lingua esser barbari ma italiani. Il qual effetto molti se lo sono proposto, nessuno l’ha conseguito, e nessuno, a parer mio, l’ha sufficientemente proccurato. Certo è che non Io potrà mai conseguire quel libro