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giorno in modo che sarò forzato a chiamarla opera.3 Come avrò finito di prepararla, se a Dio piacerà, metterò mano a fab- bricarla, e credo che sarà presto. I lo voluto scriverti queste ciance per soddisfare all’amorevolezza che ti suol condurre a deside- rare informazione delle cose mie. Rendimi il contraccambio; e ragguagliandomi della tua condizione, Dio voglia che tu mi possa confondere, e farmi restare cattivo indovino. Addio addio.

407. A Pietro Brighenti.
Recanati 22 Giugno 1821.

Mio Caro. La vostra ultima mi ha riempito di dolore e di compassione. Vi aspettereste voi ch’io predicassi il coraggio e la confidenza? E pur sì: anzi voglio che stiate di buon animo e confidiate. Colui che disse che la vita dell’uomo è una guer- ra,1 disse almeno tanta gran verità nel senso profano quanto nel sacro. Tutti noi combattiamo l’uno contro l’altro, e com- batteremo fino all’ultimo fiato, senza tregua, senza patto, senza quartiere. Ciascuno è nemico di ciascuno, e dalla sua parte non ha altri che se stesso. Eccetto quei pochissimi che sortirono le facoltà del cuore, i quali possono aver dalla loro parte alcuni di questo numero: e voi sotto questo rispetto siete superiore a infiniti altri. Del resto o vinto o vincitore, non bisogna stan- carsi mai di combattere, e lottare, e insultare e calpestare chiun- que vi ceda anche per un momento. Il mondo è fatto così, e non come ce lo dipingevano a noi poveri fanciulli. Io sto qui, deriso, sputacchiato, preso a calci da tutti, menando l’intera vita in una stanza, in maniera che, se vi penso, mi fa raccapricciare. E tuttavia m’avvezzo a ridere, e ci riesco. E nessuno trionferà di me, finché non potrà spargermi per la campagna, e divertirsi a far volare la mia cenere in aria. Io vi prego con tutto il cuore a farvi coraggio, non perchè non senta le vostre calamità, che le sento più delle mie: bensì perchè credo che questa vita, e que- sto uffizio di combattere accanitamente e perpetuamente, sia stato destinato all’uomo e ad ogni animale dalla natura.