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ma io temerò sempre che lo stile non paja gonfio, a questi dì, che non si vorrebbe se non prosa da santi padri. Vedete cos’è anche la lettera tura. Trent’anni fa il mio discorso sarebbesi giudicato rasente il ter reno, e oggi diranno molti che è troppo gonfio. Quanto alla materia, credo per vero che sarebbe necessario ascoltarmi più attentamente quando grido che gli Spettacoli sono pessimi, e sono (come dite benis- simo) barbari, e degni di essere paragonati a quelli degli Spagnuoli. L’Italia è divenuta serva di ogni altra nazione così nello stato civile, come nelle facoltà degli Studi: e il peggio è che ella non sembra voler raccogliere dagli stranieri se non ciò che hanno di più tristo o falso. Ma io, almeno per ora, non darò mano a quel trattato sugli spettacoli, il quale ho promesso. Ilo già esperienza che per iscrivere qualche cosa è necessaria molta quiete di animo e molta libertà di persona. Io, caro Amico, non ho nè l’una nè l’altra, perchè troppo mi trovo lacerato e trafitto dalle penose mie circostanze, le quali mi tengono sempre inde- ciso se debbo attendere la morte, o provocarla: tanto la mia fortuna è al disopra di ogni mio sforzo a combatterla. E anche del mio Babini quanto ad averlo stampato, ora mi trovo pentito, e maledico l’ora e il momento che feci l’altissima corbelleria di stamparlo, affidato alle lusinghe datemi per parte del mio Mecenate; il quale invece di sovve- nire a porzione delle spese, si è disbrigato ora con una stolta lettera, di lodi non competenti, da ogni altro impegno. Siamo pure a’ perfidi tempi. Quanto era meglio educare le gambe che la testa. Io muojo di fame, mentre due ballerini del teatro di Bologna, che ballano 5. soli minuti, hanno ottomila franchi di paga per 30. recite, e notate che questi due ballerini sono tanto mediocri nell’arte loro, quanto io sono piccolo, e debole nell’arte dello scrivere. Ma ritornando al modo di comporre libri, io sono precisamente del vfo avviso, e come ho saputo, l’ho seguito, cioè di cercare che le scritture mirino sempre a qualche utilità, chiamando i leggitori a conoscere delle verità, a detestare degli errori, insomma a rettificare le idee, solo mezzo da rendere migliori e meno infelici le generazioni venture. Molti potrebbero dire che già vi sono libri, che dissero innanzi le stesse cose: ma io credo che ciò non debba impedire i pari miei dal ripeterle, lasciando ai pari vostri il pregio più grande di alzarsi alle cose nuove. Quando i libri hanno una certa età, addivengono il patrimonio de’ soli dotti, e per le mani del comune più non vanno; allora usciamo noi fantaccini dell’armata letteraria, e trovando qualche pretesto, veniamo a parata con le aste antiche, se non che le rendiamo più maneggevoli, collo spogliarle di