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alcuna. Così che dopo avere perduto ogni altro vantaggio della vita, mi vedo ridotto a perdere intieramente anche quell’ultimo frutto degli studi, che è la conversazione degli uomini insigni, e quel poco di fama, che ogni piccolo uomo si lusinga e desi- dera di acquistare. Ma chi vive sepolto in un paese come que- sto, non può mai sperare di farsi, non dico famoso, ma neppur noto in nessuna parte della terra. Tutte le fatiche, tutti i dolori, tutte le perdite che ho sostenute sono vane per me. Io mi vedo qui disprezzato e calpestato da chicchessia; tutte le speranze della mia fanciullezza sono svanite; ed io piango quasi il tempo che ho consumato negli studi, vedendomi confuso colla feccia più vile degli scioperati e degl’ignoranti. Queste ragioni mi hanno fatto forza ad implorare la misericordia di V.S. Non dissimu- lerò che io le parlo col cuore sulle labbra, e con tutta l’inge- nuità di una tenera e rispettosa confidenza. Io sarò debitore a V. S. di molto più che della vita, perchè la vita non è un bene per se medesima; bensì l’infelicità e disperazione totale della vita, è un sommo male quaggiù; e chi ci libera da questa, ci libera da peggio assai che dalla morte. M’inchino con tutta l’anima a V.S. per supplicarla di per- donarmi tanta importunità. Finalmente io son uomo da nulla, e s’io perdo tutto il frutto della mia vita; se son destinato a non provar mai, come non ho mai provata, una goccia di bene quag- giù; questo non rileva, e confesso che non disconviene per nes- sun conto al merito mio. Ma noi siamo naturalmente inclinati a dare grande importanza alle cose nostre: e massimamente quando si tratta di quasi tutta l’esistenza, non abbiamo riguardo d’infastidire, e anche mostrarci temerari con chicchessia. V.S. mi perdoni, ch’io ne la supplico ardentemente; e se mi pongo nelle sue mani, Ella mi accetti per servitore, o infelicissimo o no ch’io debba essere, certo e invariabilmente devotissimo e attaccatissimo alla sua persona, e alle sue virtù singolari. Recanati 30 Marzo 1821