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cd io medesimo ne sono uno. Se io avessi creduto di poterla servire presso mio padre, l’avrei fatto col possibile impegno. Ma conoscendo il suo modo di pensare, e sapendo ch’egli non ama che i figli prendano parte veruna agli affari suoi, ho veduto bene, che in vece di servirla, non avrei fatto che proccurare nuovi dispiaceri a me stesso. Ella non può figurarsi quanto io sia dolente di questo affare. Se non fossi un povero figlio di famiglia, vor- rei subito soddisfarla di tutto io medesimo, come se si trattasse d’un debito mio. V.S. si compiaccia di credermi, e di accer- tarsi che la puntualità in qualunque impegno, mi sta a cuore sopra ogni cosa. S’io posso servirla in qualche altro modo, coglierò con gioia l’occasione di mostrarle quanto vivamente io desideri la continuazione della sua amicizia. Ardisco sperare ch’Ella vorrà graziarmi di questa continuazione, e adoperarmi dov’io sia buono. Anzi ne la prego di tutto cuore. E con piena stima e sincerità mi confermo

Suo Dmo Obblmo Sre
Giacomo Leopardi
382. A Pietro Brighenti.
Recanati 2 Marzo 1821.

Il dispiacere che vi cagiona, carissimo amico mio, la perdita di quella lettera dove mi parlavate delle cose vostre, non è certo maggiore del mio. Non v’ingannate punto congetturando il diletto ch’io proverei nel trovarmi in compagnia vostra, ed ascol- lare le vostre confidenze, e vedere il vostro cuore. Chi sa? m’è stata data una lontanissima speranza che questo possa acca- dere.1 Se la consolazione vostra, come dite, è riposta nella benevolenza degli amici, dalla benevolenza mia ricavate quanta consolazione si può, mentre ella è tanto grande ed intensa e dure- vole, quanto si possa mai pensare. Ben vorrei consolarvi in altra maniera che con l’affetto, e sottentrare, non potendo altro, alle sventure vostre. Ma, caro amico, la condizione degli uomini e