371. |
Di Leonardo Trissino. |
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Stimatissimo Signore. Lasciamo pure passare un gran pezzo senza
scrivere al Signor Conte Giacomo, per non seccarlo. E lasciamo pas-
sare e feste e capi d’anni per allontanare qualunque sospetto di ceri-
monia. Ma il desiderio delle notizie della salute di V. S. è sempre arden-
tissimo. Dunque con animo il più rispettoso, e affezionato io la prego
di questa grazia. E perchè la lettera non ha maggiore oggetto che di
ricordarmi alla memoria sua, desiderando a V. S. ogni felicità ch’è qui
permessa, mi confermo pieno d’amore e di ossequio
Suo Servitore vero ed amico L. Trissino |
372. |
Di Ferdinanda Melchiorri. |
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Caro Nepote.
La vra Lettera1 caro Giacomo mi ha posta molto di mal umore per
la disposizione dell’animo vro in rapporto a voi stesso. Per quanto siano
grandi le nre afflizioni, noi non dobbiamo ricusare di sostenerle, allor-
ché [sic] il liberarcene non ci sia possibile, potiamo porre bensì in opera
i mezzi opportuni a renderle meno gravi, ma non mai abbandonarci
alla disperazione, risorsa non degli Uomini ma delle Bestie. L’Uomo
virtuoso e Cristiano si ricorda di esser soggetto al suo dio, e però Bacia
la mano che lo percuote, si ricorda che ha nel suo Dio un Padre che
veglia sopra di lui, che lo ama che non lo abbandonerà, quindi apre
a lui il suo cuore gli chiede con ispirito di sommissione ciò che gli è
necessario, e poi attende dal med.° la diminuzione de’ suoi mali, è da
vile il non saper soffrire, non siamo già al Mondo per godere, e voi
avete troppo talento per non conoscere di ciò la verità, ed esserne per-
suaso. A monte dque questi pensieri che troppo essendo tetri deni-
grano l’Uomo e il Cristiano, ricordatevi di esser savio e che abbiamo
da render conto a Dio de’ nri talenti.