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E io la supplico, qualunque volta mi volesse beneficare di scrivermi, di usare la familiarità che conviene a quella amicizia, ch’è suo dono prezioso e generoso. E sicuramente non sentirà mai di cerimonia il sentimento di rispettosa affezione, e grandissima stima, che mi fa essere per sempre tutto suo.3

330. A Pietro Giordani.
Recanati 4 Settembre 1820.

Ricevo la tua de’ 23. del passato la quale mi addolora e mi straccia l’anima, dimostrandomi come sei tuttavia travagliato nella salute. Vorrei dolermi della fortuna per qualunque altra cosa piuttosto che per le sventure degli amici, massimamente per le tue. Non sarebbe leggero conforto al dolore ch’io provo, se potessi, come tu dici, venirti più da vicino, vederti spesso, ragio- nar teco, e se non rallegrarti nè consolarti, almeno alleggerire i tuoi mali colla presenza dell’amicizia e dell’amore. Seguirà quel- lo che disporrà la mia trista fortuna. Già non devi stimare che sia giorno della mia vita, dove la ricordanza delle virtù e delle sciagure tue non mi stringa il cuore di affetto e di compassione. Brighenti mi scrisse che ti aveva spedito, secondo ch’io lo pregai, certe copie duna mia canzone;1 e si persuadeva che già le avessi ricevute. Ma forse in questo s’ingannava, o tu non hai potuto leggere. Se ti sono arrivate, o quando ti arriveranno, vor- rei che ne facessi avere ai Conti Pallastrelli e Calciati una per ciascheduno, in memoria della benevolenza che mi significarono quest’anno addietro. Voglimi bene. Consoliamoci della indegnità della fortuna. In questi giorni, quasi per vendicarmi del mondo, e quasi anche della virtù, ho immaginato e abbozzato certe prosette satiri- che.2 Vedi che cosa mi viene in pensiero di scriverti. Non per altra cagione eccetto di conversare più lungamente con te. Addio addio.