ilonne che io definisco, un animale senza cuore, sono cose che
ini spaventano. Amatemi, ma da vero. Non sono fatto della stessa
pasta degli altri. Addio, addio.
Mio carissimo. Risposi lungamente1 e con quanto affetto io
sapeva alla tua dolorosa dei 18 di giugno. Intendo che le poste
hanno fatto ch’io avessi gittato l’opera. Brighenti m’è venuto
consolando con darmi della tua condizione qualche ragguaglio
meno infelice. Dio voglia che durino. Coll’ultimo ordinario mi
scrive in tuo nome sopra l’accettare una cattedra in Lombar-
dia. Nè mio padre me lo impedirebbe, nè credo che fosse per
negarmi l’assegnamento che tu dici, anzi stimo che in questo
s’indurrebbe facilmente al mio desiderio. Quanto a me, s’io
potessi trovare qualche provvisione in coteste parti, l’avrei caro
più della vita che in questa condizione è piuttosto una morte,
li perciò ti ringrazio caldamente della proposta; e se potrai man-
darla ad effetto per parte tua, fa conto che mi rileverai dal sepol-
cro. Per parte mia, vale a dire in quello che spetta ai miei, non
ho quasi dubbio di non riuscire. Scrivimi se non ti è molesto,
giacché le tue non pare che si smarriscano. Se le mie non ti arri-
veranno, farò che Brighenti risponda per me. Dammi nuove della
salute e dell’animo. Paolina e Carlo stanno bene e ti salutano.
Io tanto più son caldo in amarti e desiderarti, quanto maggiore
spazio sono stato privo delle tue lettere. Addio addio.