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fu già recapitata, e Marchetti, (il quale vedo spesso) mi disse di rin- graziarvene e di farvi i suoi rallegramenti; che partiva per la Campa- gna, come di fatto partì, e che di Là vi avrebbe scritto. Vi sono obbligato delle buone vostre disposizioni per l’amico Loren- zoni:2 io vi scrissi, perchè non dovevo ricusare la mia opera ad un disgraziato, ma era ben persuaso, che sarebbe stata vana: perchè cono- sco l’umore dei Consigli comunali, ai quali mi è toccato di presiedere per dieci o undici anni, e so che difficilmente si conducono ad una deliberazione, che piegasse un poco a vincere le sciocchissime, e ser- vili massime dei loro vecchi, fra le quali è imperiosa quella di affidare la educazione piutosto a preti ignoranti, che a secolari dottissimi: e dite bene, che se Giordani fosse proposto per professore di eloquenza avrebbe meno voti di ogni altro. Desistete però da ogni ufficio, giac- ché l’amico è persuaso che non gli convenga il concorrere. Questa volta la posta ha fatto un miracolo portandomi la vra Lettera in soli cinque giorni: così spero che questa mia vi arriverà domenica. La mia Salute è migliorata; ma ogni tanto mi assalgono i miei soliti incomodi, e allora io cado in tale prostrazione di forze, e in sì cupa melanconia, che non vi so dire come mi maltratti, e mi renda inutile, e nojoso. Sicuramente che le avversità della fortuna ne hanno la colpa, e non mi è possibile di vincerle, per quanto io tenti ogni sforzo, e ponga alla tortura il cervello. Guai a me se alcuni princìpi di buona filosofia non diriggessero la sdrucita barchetta della mia testa, io sarei già naufra- gato. Si dice che i mali non durano sempre, ma io li soffro da otto an- ni penosissimamente. Parrebbe adunque che dovessero ornai aver line. Ma io non finirei mai d’annojarvi, rispettabile Amico, se non sapessi che voi finireste di leggere. Vi prego a conservarmi la grazia vostra, e ad amarmi, chè io vi amo, e vi stimo quanto mai so, e posso. Addio, addio, e sono

il vro aff.° Servo e Amico
Pietro Brighenti
323. A Pietro Brighenti.
Recanati 14 Agosto 1820.

Mio carissimo. Vi lodo e vi ringrazio che mi abbiate ubbi- dito. Non sarebbe da onestuomo il voler esser trattato fami- liarmente senza rendere il contraccambio.