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gno: ma Voi, o Signore, mi minacciate di cangiarmi il Voi in Lei, si- 10 non v’imito, e però tostamente lascio da parte ogni cerimoniale, e vi scrivo coi termini della più confidente amicizia. Ebbi io stesso Lettera dal Conte Trissino, il quale è rimasto con- tentissimo, anzi confuso, e sorpreso dell’onore che gli avete fatto indi- rizzandogli la vostra canzone sull’Abate Maj. Egli me ne chiese tosto una copia per la posta, e gliela mandai: ho poscia spedito al medesimo anche le 6. copie in 8.° e l’una copia in 4.0 che vi dissi, col mezzo di questo Conte Senatore Bologna. - Le quattro copie delle Canzoni da voi rimessemi, unite all’ultima del Mai, le ho già fatte legare, e sono pronte: ma non sono rimasto troppo contento. Sono legate pulitamente, e a poco prezzo, ma io voleva qualche cosa di meglio. Voi le vedrete, e se troverete voi stesso, che dovessero essere più splendide, me ne rimet- terete altre copie, e le farò legare con più doratura, e se vi piacesse in color rosso; queste sono in color verde, coperte di quella carta fran- cese che pare marocchino, e che è di molto uso. Ho speso 15. baj. l’una. Lo Stampatore non mi ha dato il conto dell’errata corrige; ma queste sono piccolissime cose. Io cercherò occasione per spedire in Ancona 11 pacchetto, conforme mi dite: e vi unisco Foscolo Rime, ma non quel romanzetto di Sainte Claire, perchè qui non l’ho trovato. Spero che vi piacerà assai la edizione delle vfe Canzoni, perchè la copia che vi spedii era rozza, ma queste altre che ho fatte soppressali accurata- mente sono assai eleganti. Credete pure a me, che la Martinetti è precisamente quella che io vi ho descritta. Pochi uomini al mondo sono buoni, pochissime donne sono buone, meno poi quella Signora, nudrita, e sozza di tutte le vanità immaginabili del bel Mondo, e del bon ton. Scriverò al Trissino con il prossimo corriere, e gli dirò quanto mi incaricate. Anche Giordani mi dice di salutarvi, e di farvi la seguente ambasciata che io copio letteralmente. «Quando scrivete a Leopardi ditegli che io gli scrissi il 18. giugno: ma è una vera disperazione con queste benedette lettere, che quasi tutte si perdono. Domandategli un poco se suo padre gli acconsenti- rebbe di accettare una cattedra in Lombardia (che appena il credo)1 e se gli farebbe un assegno di dieci scudi il mese; tanto che con que- sto, e col mediocre stipendio potesse vivere tollerabilmente: contando per grande profitto il respirare un poco da quella prigione. » Strocchi è in campagna, onde gli spedisco col mezzo di un’amico [sic] di Faenza la vra Canzone. Ai Costa, Angelelli, Marchetti, e Schiassi