318. Dt Leonardo Trissino.
Vicenza 28. Luglio 1820.
Stimatissimo Signor Conte. In questo stesso momento ho ricevuto
una lettera del Signor Pietro Brighenti. Ella intende, Signor Conte,
cosa si sa da me presentemente. Credo con difficoltà, ch’Ella possa
persuadersi di quanto confuso e maravigliato mi trovo. Nessuna espres-
sione mia basterebbe a dirlo. D’altronde ho speranza che la genero
sità del suo animo voglia gradire che io me le confermi servitore ed
amico per tutta la vita. Di un tanto dono non meritato per niente
sarebbe delitto anche un po’ di compiacenza. Che mi resta dunque?
Di essere grato senza fine. Lo sarò esattamente.
Due lettere mie,1 che credo andate perdute, mi sono state quasi
avviso, che io non dovessi disturbare V.S. Eppure ogni ordinario io
mi augurava notizie della preziosa salute di Lei, e di ogni altra cosa
di appartenenza sua. Con desiderio sommo aspetto novelle lettere del
Signor Brighenti gentilissimo. La prossima partenza della posta non
mi lascia scrivere di più; anzi domando scusa della fretta.
Mi fa piacere di essere a Lei obbligato tanto, ma vorrei anche
potermi rassegnare spontaneamente a qualunque prova
Suo Obbligatissimo Affezionatissimo Servitore. Leonardo Trissino |
Caro Nepote
Cadutomi sott’occhio il presente Programma, l’ho fatto copiare per
inoltrarlo a voi, supponendo che vi deciderete a concorrere.1 L’argo-
mento è tutto erudito letterario nazionale, e sembra precisamente
immaginato per combinare colle vostre inclinazioni, la vostra fama,
ed il vostro interesse. Dunque impugnate da valoroso la penna, e prima
di tre anni spedite ai giudici il vostro lavoro con fondata speranza di
veder cinte le vostre giovani tempie dell’alloro di Pindo, e riempiti»
il vostro vergine sgrigno di metallo del Potosi.2