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317. Di Pietro Brighenti.
Bologna. 22 Luglio 1820.

Sig.r Conte Padrone, e Amico veneiatiss.0 Ricevei la favorita sua del 10 and.e Non ho parole per ringraziarla delle amorose premure sue intorno la mia salute. E realmente essa è stata poco buona, e mi sono trovato con tale spossatezza di forze, che sono stato più giorni senza potere far nulla. Ora va meglio, e se il caldo della stagione si modererà, spero di riavermi. Ma le amarezze mie, che sono la prima cagione de’ miei incomodi di salute non saranno per essere vinte da nessuna vicenda della stagione, e le giuro che queste sono del tutto inique, e disperatissime. Se almeno avessi La moglie sana, e robusta, prenderei una qualche risoluzione, e tenterei di vin- cere la fortuna coll’andare in qualche altro paese, a provare se tutto il mondo è finito per me: ma io ho questa infelicissima, e savissima donna quasi sempre in Letto, e spesso lottante fra la vita, e la morte. Ma Ella non ha certo bisogno di sentire delle melanconie, onde lasciamo le mie da una parte, e veniamo alla sua Canzone, la quale le dirò che qui è piaciuta assai, benché finora veduta da pochissimi. 25. Luglio 1820. Aveva scritto le poche righe di sopra, quando mi giugne la favo- rita sua del 17. and.e Tosto mi occupo di dare esecuzione alle di lei commissioni. Mi è molto dispiaciuto quell’errore di stampa accaduto nell’ultima strofe. Il correggerlo a mano non islava bene. Ho dunque fatto stampare un’errata corrige, il quale sarà unito in fine a ciascuna copia, e così l’affare andrà meno male. Non posso servirla di presentare la copia commessami per la Sig.a Cornelia Martinetti, la quale non è in Bologna, e anzi intesi che da Roma era partita per Napoli. Usando della libertà dell’amicizia le con- 1 ido che, avendo io conosciuta davvicino questa donna, ho dovuto for- marne una opinione assai diversa da quella che ne ha concepita V. S. e che naturalmente sarà l’effetto di notizie a lei comunicate da altri: ma pur troppo è donna di testa stortissima, e di cuor duro come il marmo: due doti, che al nostro felicissimo secolo non sono purtroppo nè il distintivo di una sola donna, nè il distintivo di pochi uomini, come V. S. ha già elegantemente rimarcato nella sua Canzone Se fuor che di se stesso altri non cura.1