Mio Carissimo Signore
Oh no per Dio, V. S. non mi scriva ch’io mi sia raffreddato
nell’amicizia verso di Lei. Io scrivo con un cuore così chiuso
e palpitante dalla disperazione, che non so quello ch’io mi ponga
sulla carta, e premetto questo perchè V. S. mi scusi da qualun-
que inavvertenza potessi commettere. Tornando al proposito,
s’io le scrissi amaramente, non mi venne mai nel pensiero che
l’amarezza dovesse cadere sopra di Lei, ma sopra quelli di cui
le parlava. Quanto al giudizio sopra la mia canzone nello stra-
zio ec. io non so come Ella abbia dovuto credere ch’io volessi
riprenderla, o dolermi di Lei. Quanto io voglia deferire agli amici
in tutto quello ch’io scrivo, le può far testimonio il nostro Gior-
dani, il quale sa ch’a un suo cenno di disapprovazione ho get-
tato da canto degli scritti già compiuti, che m’aveano costato
lunghissime fatiche. Bensì le dirò con ischiettezza che avendo
per quella canzone un certo particolare affetto, il vedere che
non riusciva presso di Lei, mi dispiacque, ma nella stessa maniera
in cui ci dispiace se una grandine ci porta via un capitale, nel qual
caso non ci lamentiamo di veruno, se non siamo pazzi, perchè
non è cosa che dipenda dalla volontà. E io la ringraziai di avermi
palesato il suo parere, e lo feci con verità e cordialmente, perchè
gli amici non possono farmi maggior favore che manifestarmi
i difetti delle mie produzioncelle, o anche la vanità di tutte.
Del cortese invito di recarmi costà, che altro le risposi io,
se non ch’io era sempre incatenato qui in Recanati dalla volontà
de’ miei? Con che non mi pareva di offenderla in nessun modo,
anzi per segno di confidenza e gratitudine, entrava con Lei in
un certo dettaglio di questa mia barbara situazione. E come aveva
io da dolermi di una sua affettuosa premura? di cui sono gra-
tiss. così a Lei come al nostro Giordani, il quale per altro sa
già da gran tempo com’io possa disporre di me.