Piacenza 25. maggio [1820] |
Tardi rispondo, mio infelicissimo e amatissimo Giacomino alla tua
24. aprile; sola che io abbia ricevuta, dopo quella del 20. marzo, alla
quale risposi il 18. aprile. Mi disanima e mi addolora questa maledi-
zione del perdersi anco le lettere; unico e miserabil conforto della nostra
sventurata amicizia. Ma quando anche tutte le lettere si smarrissero,
e sprofondasse tutta la terra che s’interpone tra te e me; e fosse tolta
ogni strada a ravvicinare le nostre persone, e far passare i nostri pen-
sieri; non devi creder mai che io possa cessare di amarti sommamente.
Certo non crederò mai di esser solo ad amarti; poiché non son solo
a conoscerti: ma ben credo che niuno ti ami, più che io, nè altrettanto.
Come può passarti per mente, nè anco in sogno, che io ti debba disa-
mare perchè sei tanto infelice? se anzi questa è fortissima cagione che
io con più affetto, anzi spasimo, ti ami?
Oh così potesse giovarti a qualche cosa l’immenso amor mio: ma
nulla a te giova, e me tormenta: e appunto perciò sarò anche più osti-
nato e più ardente in amarti. Veramente tutta questa vita è un cru-
dele e orrendo e abominevol mistero.
Quel mio discorso sulle poesie di Montrone1 è cosa giovenile ed
immatura: però non fu degno che mai te ne parlassi. Io da tre mesi
son caduto, quando meno l’aspettavo, in quella malattia di nervi, che
mi sorprese l’anno passato in maggio; e mi tenne tre mesi assai infermo;
e per altri cinque incapace d’ogni studio. Così anche ora sono inetto
alla più piccola e breve applicazione: e spesso ancora travagliato nel
corpo ed afflitto, da questo male inesplicabile, a cui non si trova rime-
dio. Figurati come vivo, privato di quel solo conforto che avrei di
munirmi con qualche miglior pensiero ad allontanare almeno per poco
tanti pensieri dolorosi.
Caro Giacomino dammi di tue nuove; delle quali vedi che io manco
da un mese: e quelle ultime furono pur sì dolorose. Oh mio povero
giacomino, tanto bravo, e tanto infelice: come il cuor mi manca a tanti
tuoi guai! io non posso altro che amarti, e pianger di te! Salutami infini-
tamente Carlino e Paolina. Anche Brighenti (sfortunatissimo anch’egli)
da un pezzo non mi dice nulla di te. Oh dio, ostiniamoci a scrivere;
se pur una qualche lettera può scampare alla disavventura. Addio caro:
ti abbraccio con amore e dolore ineffabile. Addio senza fine: addio.