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292. A Pietro Brighenti.
Recanati 7 Aprile 1820.

Stmo Sig.c Prone ed Amico Sarebbe sempre la massima indiscretezza, e molto più in que- sti tempi, l’esigere da un amico l’impronto di qualunque somma. E perciò era mia intenzione di spedirle, com’era dovere, anti cipatamente la somma necessaria p[er] la nota edizione, quando avessi saputo stabilmente che si dovesse eseguire p[er] conto mio. Ma V. S. forse saprà ch’io sono figlio di famiglia, e quando da principio la pregai di questa edizione non possedeva ancora effettivamente il danaro bisognevole, ma era persuaso che l’avrei ogni volta che avessi voluto, e a tutti quelli che mi conoscono qui o altrove, credo che dovesse parere il medesimo. Dopo la sua compitissima dei 22 p.p. ho conosciuto di essermi ingan nato, non avendo in nessun modo potuto riuscire ad accumu lare la somma intiera. Abbassarmi non voglio, e non è stato mio costume mai da quando la disgrazia volle mettermi in questo mondo. E potrà anche far la fortuna che mi manchi il vitto e il vestire, ma non costringermi a domandarlo neppure alla mia famiglia. Perciò rinunzio intieramente a qualunque progetto così relativamente a questa, come a qualunque altra edizione; e per- chè il mio ingegno è scarsissimo, e per grande che sia qualun- que ingegno, non giova mai nulla in questo mondo, son riso luto di sacrificarlo totalmente all’immutabile ed eterna scel leratezza della fortuna, col seppellirmi sempre più nell’orribile nulla nel quale son vissuto fino ad ora. Prego V. S. che non pensi più a me se non come all’uomo il più disperato che si trovi in questa terra, e che non è lontano altro che un punto dal sot trarsi per sempre alla perpetua infelicità di questa mia maledetta vita. E ringrazio sommamente il cielo d’essermi convinto del l’impotenza mia, prima che un amico qual è V. S. avesse ancora intrapreso nulla per me, che mi togliesse la possibilità di tron car l’affare come fo presentemente.