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Gennaio saranno smarrite. Ma tu solevi essere più diligente a scrivermi, quando anche non vedessi mie lettere, perch’eri per- suaso che fosse più colpa delle poste che mia. Ti prego a ripi- gliare il primo costume, perch’io posso bene scriverti spesso, ma non farti avere le mie lettere quando mi piaccia, e non vor- rei p[er] questa disgrazia, cadere anche nell’altra di restar privo delle tue. Carlo e Paolina stanno bene, e ti salutano. Amami, e ricordati del mio sviscerato amore. Addio.

280. Di Pietro Giordani.
Piacenza 15. febraio 1820.

Mio carissimo. Alla tua del 10. Decembre risposi il 22. L’hai avuta? ma dopo quel tempo si è taciuto. Già troppo è questo silenzio. E sai quanti mi domandano che è del Conte Leopardi? Oh credimi che molti ti conoscono, benché tu vivi sepolto, e ti ammirano, e ti vorrebbero felice. Per carità ti prego; dammi nuove di tua salute; o se ti grava lo scrivere fammele dare dal nostro Carlino, che volentieri farà a te e a me questo desideratissimo servigio. E ti prego di abbracciarlo affel- tuosissimamente per me; e di salutarmi tanto l’amabile Paolina. Dimmi dunque se hai ricuperato un po’ di vigore negli occhi, un po’ di sere- nità nell’animo; se puoi confortarti negli studi, e dimenticarvi un poco le amarezze della vita. Io son sano; ma tutto contristato e intenebrato dalla brutta sta- gione; aspettando ansiosamente il dolce sol di primavera, perchè anche le facoltà intellettuali mi si sciolgano dal gelo. Mi affatico per intro- durre in questo paese un po’ d’unione letteraria: s’incontrano ostacoli assurdissimi e impudentissime calunnie dai preti; i quali gridano dispe- ratamente contro l’abominabile empietà di voler introdurre in piacenza qualche gazzetta, e qualche giornale scientifico: ma non ostante i loro santissimi e savissimi clamori, la cosa anderà! Oh che mondo, che uomini, mio caro Giacomino! Son pure una razza portentosa i nobili e i preti. Essi dicono che dio ha fatto il mondo per loro; che senza loro non potrebbe stare. Noi siamo fango; troppo onorati se si degnano di calpestarci. Vero è che la metà del mondo, e più, si ride di questa loro demente insolenza: ma essi imperturbabili seguitano il loro cam- mino; e noi ancora seguiteremo il nostro.