afferrati con ambe le mani questi ultimi avanzi e queste ombre
di quel benedetto e beato tempo, dov’io sperava e sognava la
felicità, e sperando e sognando la godeva, ed è passato, nè tor-
nerà mai più, certo mai più; vedendo con eccessivo terrore che
insieme colla fanciullezza è finito il mondo e la vita p[er] me
e p[er] tutti quelli che pensano e sentono; sicché non vivono
fino alla morte se non quei molti che restano fanciulli tutta la
vita. Mio caro amico, sola persona ch’io veda in questo formi-
dabile deserto del mondo, io già sento d’esser morto, e quan-
tunque mi sia sempre stimato buono a qualche cosa non ordi-
naria, non ho mai creduto che la fortuna mi avrebbe lasciato
esser nulla. Sicché non ti affannare p[er] me, che dove manca
la speranza non resta più luogo all’inquietudine, ma piuttosto
amami tranquillamente come non destinato a veruna cosa, anzi
certo d’esser già vissuto. Ed io ti amerò con tutto quel calore
che avanza a quest’anima assiderata e abbrividita. Carlo e Pao-
lina ti salutano di cuore. Addio.
269. |
Di Ferdinanda Melchiorri. |
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Caro il mio Giacomo.
Non voglio che così presto venga il nfo carteggio trascurato, troppo
mi è caro il trattenermi con voi qualche tempo per privarmi di qto
piacere, tanto più poi che voi med.° me ne avete dato impulso collo
scrivermi1 senza sapere che io il facessi contemporaneamente e assi-
curarmi che vi rallegrerebbero le mie risposte. Voglio perciò rispon-
dere a tutti gli articoli della Cara vfa lettera quale ho più volte riletta,
e ho trovata analoga al vfo carattere ed a quel giudizio che meco stessa
avevo di voi formato. Mi consola pertanto l’idea di poter essere io
una di quelle poche persone colle quali il mio caro Giacomo potrà aprire
il suo cuore, perchè non tanto dissimile troverà da’ suoi sentimenti
il cuor della Zia, essa non ha studiato ma ha sortito dalla natura una
sensibilità che anziché indebolire cogli anni sembra acquistar da essi
maggior fondamento. Voi non avete sbagliato affatto allorché [sic] avete